Mentre la Francia inserisce il diritto all’aborto nella Costituzione, in Italia l’interruzione volontaria della gravidanza è ancora “una corsa a ostacoli” e anche se la Sardegna, il territorio di Cagliari in particolare, ha una situazione “meno critica rispetto al resto d’Italia”, emerge qualche dato “non proprio positivo”.
Lo rivela la Cgil sarda che ha elaborato i dati Istat e ministero della Salute.
La quota di ginecologi obiettori, nel 2021, in Sardegna è più bassa rispetto alla media nazionale (59,2% contro il 63,4% nel resto d’Italia) mentre è più elevato il numero degli anestesisti obiettori (il 49,7% a fronte del 40,5% nazionale).
L’obiezione di coscienza riguarda meno il personale non medico: in questo caso il dato sardo (36,3%) è superiore di tre punti percentuali rispetto a quello italiano. E se il trend italiano, rispetto al 2020, è in contrazione, nell’Isola la percentuale degli obiettori è in crescita: nel 2021 +3,6% tra i ginecologi e +0,6% tra il personale non medico. Il dato degli anestesisti è stabile ma registra un +9% dal 2019.
Per quanto riguarda le strutture dove si pratica l’interruzione volontaria della gravidanza, nel 2022 sono in Sardegna il 63,6% fra ospedali e case di cura autorizzate con reparto di ostretricia, una media superiore a quella nazionale (al 59,6%).
L’aborto farmacologico, il meno invasivo, nell’Isola è praticato solo nel 36,2% dei casi, mentre la percentuale in Italia sale al 49,2. In questo quadro si distingue la città metropolitana di Cagliari, che si allinea al dato nazionale. Il numero di raschiamenti è sensibilmente più alto nell’Isola: 21% a fronte del 7,2% in Italia.
In generale, come avviene nel resto del Paese, il numero di interruzioni volontarie di gravidanza diminuisce costantemente: nel 2022 in Sardegna sono state 1288 (il 28,6% ha interessato il cagliaritano, il 35,8% la provincia di Sassari), mentre erano 1382 nel 2021 (numeri ben lontani dalle quasi 5000 Ivg del 1982). Le donne che vi ricorrono sono nella quasi totalità maggiorenni e adulte (nel 45,4% dei casi hanno tra i 30 e i 39 anni e nel 34,8% tra i 20 e i 29 anni – Istat 2022). Sono prevalentemente diplomate (44,9%) o con la licenza media (38%) e, in oltre 7 casi su 10, sono nubili (dato più elevato della media nazionale che si attesta al 59,7%).