“Stop al genocidio”, “Eni complice”, “Eni finanzia il genocidio”. Queste sono solo alcune delle scritte apparse nei giorni scorsi a Roma, nei pressi dei punti vendita e sulle macchine di proprietà di Eni S.p.A. Di fianco alle scritte è stato appeso un manifesto in cui gli anonimi attivisti per la Palestina spiegano le loro motivazioni: “Eni S.p.A. – società controllata dallo Stato italiano – effettuerà per conto di Israele l’esplorazione dei giacimenti di gas nel mare di Gaza”, scrivono gli attivisti, facendo riferimento alle concessioni rilasciate dal ministero dell’energia israeliano a Eni e ad altri colossi mondiali dell’energia, per esplorare ed estrarre gas dalle acque che rientrano nella Zona Economica Esclusiva (ZEE) palestinese così come tracciata nella dichiarazione del 2019, e in conformità con le disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, firmata dalla Palestina nel 2015. “L’appropriazione delle risorse naturali ed energetiche palestinesi, mentre l’aggressione su Gaza continua senza tregua”, continua il comunicato, “rende l’Italia attivamente complice nel genocidio in corso”.
Le azioni di segnalazione dei punti vendita e delle macchine del servizio di car sharing di Eni a Roma sono state portate avanti nella notte tra giovedì e venerdì. Le scritte sono comparse sulle serrande dei negozi Eni Plenitude, sui negozi EniShop, e anche sui distributori automatici marchiati Eni. I manifesti spiegano chiaramente le motivazioni dietro alle azioni di segnalazione: “Il 29 ottobre 2023, quando tonnellate di bombe devastavano la Striscia di Gaza perseguendo l’intento genocidario sionista, il Ministro dell’Energia Katz annunciava che Eni S.p.A. era tra le sei compagnie vincitrici di un bando per l’esplorazione dei giacimenti di gas sulle coste del Mediterraneo”. Le concessioni oggetto di discussione sono state rilasciate dopo la quarta fase di offerte lanciata dal Ministero dell’Energia israeliano il 4 dicembre 2022, che concerneva un’area di 5.888 chilometri quadrati divisa in quattro zone, a loro volta divise in blocchi: la Zona E, costituita da tre blocchi per un totale di 1.127 chilometri quadrati; la Zona G, costituita da sei blocchi per un totale di 1.732 chilometri quadrati; la Zona H, costituita da cinque blocchi per un totale di 1.527 chilometri quadrati; e la Zona I. Il 29 ottobre sono state concesse sei licenze per la Zona G e altrettante per la zona I. Nello specifico, le Zone H ed E costituiscono ZEE palestinese rispettivamente per il 73,9% e per il 5,4% della loro area, mentre la Zona G risulta per il 62,2% palestinese.
“Alla base dei sistemi di colonialismo c’è, da sempre, l’espropriazione delle terre, l’occupazione e lo sfruttamento delle risorse naturali da parte dell’occupante”, si legge nel manifesto; “Israele è uno Stato coloniale che ha fondato la sua forza e le infrastrutture sullo sfruttamento delle risorse energetiche e naturali della Palestina, oltre che sulla pulizia etnica della popolazione autoctona”. Per tale motivo, gli attivisti rivendicano la “rottura totale delle complicità italiane con il progetto coloniale sionista e con la violenza colonialista in tutto il mondo, di cui Eni S.p.A. è responsabile diretta”, chiedendo che Eni si ritiri dall’esplorazione dei giacimenti di gas nelle acque di Gaza e che l’Italia interrompa qualsiasi relazione con Israele.