In guerra, la gestione dei nervi e la scelta delle parole da usare rientra nella strategia con cui portare avanti la contrapposizione col nemico. Ventilare ipotesi apocalittiche o usare termini inopportuni può fare la differenza, condizionando le sorti di un conflitto. Quindi, mettere in conto l’utilizzo di una bomba atomica da sganciare su Gaza, come ha fatto il ministro israeliano per gli Affari e il Patrimonio di Gerusalemme, Amichai Eliyahu, è qualcosa che non solo non rientra tra le opzioni prese in considerazione dalle forze armate di Tel Aviv. Ma, per di più, rappresenta un modo di intendere la guerra contro Hamas che Israele finora non aveva mai contemplato (e che, ci sentiamo di aggiungere, non contemplerebbe in ogni caso).
Da un lato, infatti, le minacce nucleari di Teheran contro lo Stato israeliano non costituiscono una novità: quante volte, infatti, si sono ascoltati attacchi di questo tenore da parte del regime degli ayatollah iraniani, finanziatori di Hezbollah e paladini della guerra contro il sionismo, decisi a cancellare lo Stato d’Israele dalla faccia della Terra. Ma, da parte del governo con la Stella di David, che pure è una potenza nucleare, l’ipotesi non è neanche immaginabile.
Il ministro Eliyahu ha parlato in termini di “opzione” in merito all’uso di un ordigno atomico. Prontamente smentito dal premier Benjamin Netanyahu, che ha dichiarato che i commenti di Eliyahu sono “avulsi dalla realtà” e che Israele e l’IDF (l’esercito, ndr) stanno agendo in conformità con il diritto internazionale, per evitare danni ai civili. Il leader dell’opposizione, Yair Lapid, ha chiesto subito la rimozione del ministro, richiesta immediatamente accolta da Netanyahu, che l’ha sospeso dalle riunioni del gabinetto israeliano.