Si è spento nella sua casa in Connecticut l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger che lo scorso maggio aveva spento 100 candeline.
Autore della celebre frase “il potere è il massimo afrodisiaco”, astuto manipolatore e influente fino agli ultimi giorni, per l’ex quindicenne ebreo in fuga dall’Europa alla vigilia della Seconda guerra mondiale il mondo era un gigantesco puzzle in cui ogni pezzo giocava un ruolo importante e distinto verso un unico fine: gli Usa come superpotenza internazionale anche al prezzo di interventi di realpolitik sullo scacchiere mondiale giudicati da molti brutali ed illegittimi, come il bombardamento e l’invasione della Cambogia e il sostegno al colpo di Stato di Augusto Pinochet in Cile del 1973 che defenestrò Salvador Allende.
Ha sostenuto la dittatura militare indonesiano nell’invasione di Timor Est, ha appoggiato l’invasione dell’Angola da parte del regime di apartheid in Sud Africa.. Ha inoltre autorizzato le intercettazioni telefoniche di giornalisti e del suo stesso staff.
All’inizio degli anni 2000, Kissinger appoggiò l’amministrazione di George W. Bush nella sua invasione dell’Iraq. Un altro sostenitore di quella guerra, il giornalista Christopher Hitchens, scrisse che Kissinger avrebbe dovuto essere processato per crimini di guerra.
Kissinger fu di fatto un presidente ombra, anche se la scrivania dell’Ufficio ovale restò sempre per lui un miraggio impossibile per il fatto di non essere nato negli Usa. La sconfitta di Ford e l’elezione del democratico Jimmy Carter segnarono la fine della sua carriera pubblica, non dell’impegno in politica estera attraverso gruppi come la Trilaterale. Dopo aver lasciato il governo nel 1977, Kissinger fondò il celebre studio di consulenza Kissinger Associates, attraverso la cui porta girevole passarono ministri e sottosegretari e i cui clienti erano governi mondiali grandi e piccoli. Ed è stato proprio il suo studio a dare la notizia della sua morte.