Il cambiamento distingue Pippo Rizzo da altri artisti della sua generazione guidati dalla coerenza ai principi di una ricerca espressiva impermeabile agli eventi.
La frequentazione a Roma con Marinetti, Balla e Depero e la militanza nel Futurismo lo assorbì per una decina d’ anni, poi negli Anni Trenta il pittore di Corleone aderì a Novecento, il movimento fondato a Milano da Margherita Sarfatti.
Al suo intero percorso artistico è dedicata la mostra ”Pippo Rizzo.
Palermo/Roma andata e ritorno”, fino al 4 febbraio alla Galleria Nazionale d’ Arte Moderna. Un viaggio connotato nella prima fase, appunto, dagli spostamenti continui nella capitale che lo resero l’ esponente di spicco il in Sicilia dell’ Avanguardia futurista e poi il narratore di una pittura che guarda ai classici, fino ai lavori del secondo dopoguerra tra il richiamo ai pupi e agli eroi delle saghe cavalleresche, gli omaggi agli colleghi come Carrà e Capogrossi e le sculture – esposte per la prima volta – degli ultimi anni della sua vita in cui fu anche direttore dell’Accademia di Belle Arti. Le curatrici Nicoletta Boschiero e Giulia Gueci, responsabile dell’ archivio dell’ artista donato recentemente dai familiari alla Gnam, hanno selezionato una sessantina di opere dal museo, da istituzioni prestigiose e collezioni private, insieme con lettere, documenti e fotografie inedite, che descrivono accuratamente la ricerca irrequieta di Giuseppe Rizzo (1897 -1964), ”artista ibrido, che ha bisogno di cimentarsi con situazioni diverse”. I suoi movimenti frequenti da una città all’altra – osservano – ”hanno determinato non soltanto ispirazioni e sollecitazioni creative nell’artista, ma anche un vero e proprio network relazionale, che risulterà cruciale per l’atmosfera culturale del tempo, permettendo la diffusione in Sicilia prima del Futurismo e poi della corrente Novecento”.
Pippo Rizzo è divenuto così ”il fulcro, teorico e pratico, di tale network ponendosi come ponte di raccordo fra la Sicilia e il resto d’Italia, come stimolatore di connessioni e scambi culturali”. La pagina futurista durata poco meno di dieci anni che lo ha reso più famoso è raccontata, in particolare, dal dinamismo di Treno in corsa e a Lampi, entrambi del 1926, ma anche dai mobili originali del suo Salottino Futurista (”volutamente scomodo per visite brevi”, precisò lui stesso) legati alla produzione della sua Casa d’ Arte palermitana, un unicum nel sud Italia. L’ appuntamento romano consente un giudizio complessivo molto più articolato per la presenza di tele di più grandi dimensioni e dei lavori del periodo meno conosciuto che rimandano ai classici, o a Sironi come Il Risveglio dell’ Etna, ai pupi e alle gesta cavalleresche -che con il vulcano sono elementi ricorrenti della sicilianità della sua pittura – e la suggestiva Annunciazione (1935) in cui l’ arcangelo entra da una finestra che lo incornicia come un quadro e con la sua lunga ala come fosse una spada tocca il cuore della Vergine. ”Rizzo – rimarcano le curatrici – ha attraversato il secolo scorso mettendosi costantemente in discussione, sperimentando linguaggi e forme, sistematicamente superate una volta metabolizzate, senza mai perdere in coerenza, anzi trovando proprio in questa continua esigenza di cambiamento la propria integrità”.