Con l’abolizione del reddito di cittadinanza oltre 10.000 cittadini sardi sono già stati relegati a una condizione di povertà, altri lo saranno molto presto. A tal proposito nelle scorse settimane mi ero reso protagonista di un’interrogazione rivolta alla Giunta regionale nella quale si chiedeva il potenziamento del REIS e, contestualmente, si metteva in guardia l’esecutivo sardo dalle conseguenze che l’abolizione del reddito di cittadinanza avrebbe generato nel tessuto sociale della nostra isola.
Fino agli ultimi giorni nei quali ho più volte incalzato il Governatore Christian Solinas affinché si arrivasse all’importante risultato – conseguito con l’approvazione di uno stanziamento nell’ultima variazione di bilancio – di implementare il fondo destinato a questo scopo, fino a 30 milioni di euro di risorse da destinare alle famiglie indigenti della nostra isola.
Un’esigenza divenuta sempre più urgente nel tempo, ossia da quando la legge di bilancio nazionale del 2023 ha sensibilmente ridotto la platea di coloro che possono accedere allo strumento di contrasto alla povertà, nonché la durata del sussidio per tutti quei nuclei familiari privi dei requisiti; almeno un componente minore, disabile o con almeno 60 anni di età. Mentre dal gennaio 2024 si arriverà alla sostituzione del RDC con un altro strumento che avrà come obiettivo l’inclusione attiva nel mercato del lavoro per i soli beneficiari con i requisiti citati in precedenza.
Ovvero, uno scenario estremamente deleterio per la nostra regione, nella quale il ridimensionamento del reddito di cittadinanza ha già riguardato migliaia di famiglie. Nei prossimi mesi, infatti, queste cifre saranno destinate ad aumentare ulteriormente con tutto ciò che potrebbe conseguire in termini di incremento della deprivazione e del disagio sociale. Effetti difficilmente calmierabili nel breve periodo da altri possibili percorsi di politiche attive, considerata la deficitaria struttura del mercato del lavoro isolano.
Esiste, quindi, un solo modo attualmente per limitare i danni: rafforzare il REIS che dal 2016 è in vigore nella nostra isola come strumento di contrasto alla povertà. Fino al 2018, precedentemente all’introduzione del RDC, il numero di nuclei percettori si registrava in 26.329 per poi crollare a 2.253 nell’anno successivo in virtù degli effetti del nuovo strumento e la ovvia incompatibilità tra gli stessi. Ma oggi la platea di potenziali percettori raggiungibile dal “reddito di inclusione sociale”, rispetto ai criteri stabiliti per accedervi – stabiliti dalla legge e fissati nelle linee guida regionali 2021-2023, è sicuramente rappresentativa anche di coloro che sono stati estromessi dal “reddito di cittadinanza.
Ovviamente, all’indispensabile potenziamento delle politiche passive vanno affiancate in prospettiva efficaci politiche attive del lavoro che sostengano i percettori degli strumenti di contrasto alla povertà, tramite percorsi di riqualificazione e allineamento delle competenze professionali in riferimento alle esigenze provenienti dal mercato del lavoro esistente e di quello che si potrebbe sviluppare – soprattutto nel settore terziario statisticamente tra quelli più vivaci per oscillazione positiva in ambito occupazionale. Contestualmente a interventi nell’economia per la rimozione degli storici fattori di diseconomia territoriale che in ogni ambito provocano importanti gap alla base della mancata competitività del sistema regione, rendendo poco conveniente investire e produrre qualsiasi bene in Sardegna.
Nondimeno, questo intervento a favore dei cittadini e delle cittadine della nostra isola che in questo momento hanno più difficoltà ad andare avanti, testimonia la nostra forte volontà di fare tutto ciò che è possibile per non lasciare nessuno indietro e di credere fortemente nel principio sacro della solidarietà e del comunitarismo regionale quale legame inscindibile del popolo e quindi della nazione sarda, lo afferma il Consigliere Regionale, Fabio Usai.