“Vogliamo la verità sulla morte di mio fratello, vogliamo che venga eseguita l’autopsia, soprattutto adesso che un supertestimone ha raccontato che Stefano è stato ucciso perchè aveva sorpreso due agenti durante un rapporto sessuale”.
Così all’ANSA Marisa Dal Corso, sorella di Stefano, il detenuto romano di 42 anni trovato morto il 12 ottobre del 2022 in una cella del carcere di Massama, alle porte di Oristano.
Il suo caso era stato chiuso inizialmente come un suicidio. Ma la sorella non ha mai creduto a questa versione e grazie ad alcune rivelazioni della moglie di un detenuto, a settembre ha ottenuto tramite l’avvocata Armida Decina la riapertura dell’inchiesta. Da allora però è tutto fermo.
L’avvocata e la famiglia hanno richiesto per otto volte che venisse eseguita l’autopsia, ma è sempre stata negata. La settimana scorsa l’avvocata ha presentato un’altra istanza alla luce di una nuova rivelazione choc da parte di un supertestimone: un agente penitenziario secondo il quale Stefano sarebbe stato ucciso a manganellate, poi colpito con una spranga per provocare la rottura dell’osso del collo e simulare il suicidio.
“Sono stata contatta via mail da questo agente – racconta Marisa – mi ha detto che voleva parlare della morte di mio fratello. L’agente lavorava esternamente al carcere, ma poteva accedere. Mi ha detto che Stefano è stato picchiato a sangue da cinque agenti e poi ucciso perché la situazione è sfuggita di mano”. “Stefano – riferisce la sorella – aveva bisogno di farmaci ed era entrato in infermeria: aprendo la porta ha sorpreso due agenti durante un rapporto sessuale. Lo hanno subito portato in cella e poco dopo trasferito in una stanza usata per picchiare i detenuti. Qui lo hanno colpito con due manganellate e poi con la sprangata gli hanno rotto l’osso del collo per simulare l’impiccagione”.
Questa nuova testimonianza è stata registrata da Marisa e consegnata alla Procura dall’avvocata Decina. “Le dichiarazioni del supertestimone devono essere valutate e verificate – spiega la legale all’ANSA – di sicuro conosce bene le dinamiche interne del carcere e molti fatti. Per questa ragione chiediamo che venga eseguita al più presto l’autopsia”.
Il caso è approdato anche in Parlamento. In una interrogazione al ministro Carlo Nordio i deputati Pd della commissione Giustizia, Debora Serracchiani, Federico Gianassi, Michela Di Biase, Marco Lacarra e Alessandro Zan, si appellano al Guardasigilli affinchè si faccia “piena luce” sulla vicenda, ovviamente nel pieno rispetto dell’azione della magistratura”.
Se i fatti esposti relativi alla morte di Stefano Dal Corso, “laddove dovessero rispondere al vero, rappresenterebbero un vulnus di incredibile gravità al sistema di gestione dell’esecuzione della pena da parte dello Stato, rispetto alla quale è necessario individuare ogni singolo passaggio nella catena delle responsabilità”.