A quattro anni dall’inizio della pandemia “Report”, in onda domenica 11 febbraio alle 20.55 su Rai 3 e RaiPlay, fa un bilancio su come sono state usate le dosi dei vaccini contro il Covid e quanto sono costate quelle rimaste inutilizzate.
Nel reportage “Una dose di troppo” si scopre che l’Europa ha comprato 4,2 miliardi di dosi, e con la sola Pfizer ha fatto un mega contratto da 1,8 miliardi di dosi nel 2021, quando le negoziazioni erano dominate dal terrore della malattia e dalla minaccia delle varianti. L’Italia, calcolando tutti i vari vaccini sul mercato, ha opzionato ben 381 milioni di dosi di cui una buona parte sono in eccesso. “Report” rivela dettagli sui contratti con Big Pharma e i negoziati con la Commissione Europea. E ancora, Il vaccino Astrazeneca è silenziosamente sparito dai centri vaccinali di tutta Europa, dopo che sono emersi sulla stampa dei rari ma gravi effetti avversi. L’Italia ne aveva comprato 40 milioni di dosi, ne ha somministrato poco più di 12, 10,5 milioni sono scadute, mentre il resto lo ha donato ad altri paesi, soprattutto a medio e basso reddito. Quale impatto ha avuto questa storia sulla multinazionale anglo-svedese Astrazeneca? A distanza di tre anni sono tante le domande rimaste irrisolte sulle responsabilità del disastro comunicativo di quei mesi.
Restando in tema salute, il reportage “Sanità a fondo” esamina l’esistenza dei Fondi Sanitari Integrativi, la cui funzione è integrare ciò che il Servizio Sanitario Nazionale non offre: un esempio su tutti le prestazioni odontoiatriche. In cambio lo stato ha sempre garantito a questo settore importanti benefici fiscali. Le grandi assicurazioni se ne sono accorte e hanno scelto di investire in questo mercato, collaborando con i fondi stessi – e godendo quindi dei benefici fiscali – e acquistando al contempo gli ospedali privati. Nasce così di fatto una sanità privata parallela, finanziata in parte dallo stato.
Ma dove trovare i pazienti? Oggi i lavoratori obbligati dai contratti collettivi a sottoscrivere un fondo sono 15 milioni. Donne e uomini che di fatto hanno un’assicurazione sanitaria, e che vivono già oggi gli effetti di ciò che sarà: un’Italia con una sanità sempre più privata.
Con “Giralamoda” si cambia argomento: dal bozzetto dello stilista al capo di abbigliamento, in stock, acquistabile online o in tutti i negozi del mondo, trascorrono appena 15 giorni. È l’industria del fast fashion che negli ultimi 20 anni ha raddoppiato la produzione e moltiplicato le collezioni. Dopo la pandemia, lo shopping online ha fatto schizzare le vendite, a diminuire è solo il ciclo di vita degli indumenti: si gettano via i vestiti dopo averli indossati appena una manciata di volte. Il modello di business dell’industria del fast fashion si basa su produzioni low cost e su spedizioni e resi gratuiti. Tutto è gratis, si paga solo ciò che si tiene. Ma che fine fanno i vestiti che rimandiamo indietro? Insieme a Greenpeace, “Report” ha provato a seguire i resi e i risultati di questa indagine sono allarmanti: quasi centomila chilometri in tutta Europa senza neanche trovare un cliente disposto a comprarli. Quanto è insostenibile il mondo del fast fashion? A rivelarlo è il reportage “Seconda mano”: dal 2023 il Ghana è la discarica più grande al mondo di vestiti usati.
Ne arrivano 15 milioni ogni settimana producendo da una parte un filo di economia per la popolazione locale, dall’altra un’immane catastrofe ambientale. Per un Paese di 32 milioni di abitanti rappresenta un mercato importante, ma il Ghana spende circa 4 milioni di dollari all’anno per raccogliere ed eliminare i rifiuti. Non ce la fa a smaltire i vestiti, che si usurano nell’ambiente fino a formare la discarica più grande del mondo.