Genitori e familiari chiedevano riserbo, ma la notizia ha cominciato a viaggiare da sola via social network. Non contengo il dolore (che più passa tempo dal primo pomeriggio quando ho appreso la notizia e più cresce), per la scomparsa del più grande dei compositori e sassofonisti napoletani mai vissuto. Un compagno d’arte che per me aveva un forte valore simbolico, riusciva a parlare con Dio e con la sua musica a rappresentare il Divino.
Vito Ranucci è stato artista presente nei momenti fondamentali e nodali del mio passato recente, al CAM di Casoria dell’artista e Direttore Antonio Manfredi, per lo scioglimento (combaciante con il mio matrimonio poi tradotto in catastrofico divorzio) del “Mario Pesce a Fore” (performance dove era presente anche Gennaro Cilento, anche lui scomparso e artista figurativo immenso).
Vicino durante il lockdown, dove riflettevamo su quanto fosse pesante il momento in tutta la sua deprivazione di diritti sociali e relazionali di base e quanto questo fosse pesante per gli artisti e la loro ricerca. In una tappa fondamentale che, mentre ponevo in essere il mio divorzio, segnava la volontà di tornare a Napoli: il progetto San Michele Arcangelo, presso l’imprenditore e collezionista Michele Franzese, con il suo sassofonocelebrò il dialogo artistico tra Marzia Vetrano e Rossella Matrone. Aveva risposto anche presente alla possibilità d’incontrare gli studenti del Don Lorenzo Milani a San Giovanni a Teduccio, mi spiace molto non abbiano avuto la possibilità d’ascoltare il suo suono dal vivo.
L’unico conforto che ho è sapere che, un artista immenso come lui, ha sempre dialogato con Dio, la sua musica ci mostra la strada per farlo (e anche la sofferenza e il sacrificio vocazionale che questo comporta). La causa? Parrebbe un incidente, è andato via ieri notte, accompagnato da una meravigliosa luna di Pasqua, mi piace pensare che si sia incamminato verso di lei suonando (come solo lui sa fare) il suo sassofono, ciao fratello mio, manchi già a tutti coloro che su questo pianeta, hanno avuto il piacere d’averti ascoltato.
di Mimmo Di Caterino