Lo scarso dialogo rischia di fare male alla salute e alle casse: ospedale e medici del territorio che non parlano tra di loro causano in Sardegna 70 mila ricoveri impropri (il costo medio è di 3mila euro) per uno spreco di 210 milioni.
È il calcolo che arriva da uno studio condotto a livello nazionale, e con report regionali, da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri.
Emerge che i medici sardi che operano sul territorio si consultano con gli ospedalieri per un ricoverato su 3, il 34%. E in otto casi su dieci i pazienti arrivano in reparto senza che si sappia nulla dei loro trascorsi in fatto di salute, perché il fascicolo sanitario elettronico non è quasi mai aggiornato: solo nel 13% dei casi la revisione è costante e puntuale. Un ricovero su 10, inoltre, è di natura ‘sociale’: i pazienti avrebbero potuto ricevere le cure a casa in presenza di un servizio di assistenza domiciliare o di una rete familiare in grado di accudirli. Nell’Isola in un ospedale su due il 20% dei ricoveri è causato proprio dalla mancata presa in carico del territorio.
Molte le azioni che a giudizio dei medici internisti ospedalieri sardi avrebbero potuto evitare ai pazienti di soggiornare in reparto. Spicca il dato sul blackout comunicativo: per il 62,5% infatti servirebbe un maggior rapporto tra ospedale e territorio. Per il 25% invece, basterebbero le nuove case e ospedali di comunità, mentre un altro 12,5% indica la soluzione per scongiurare i ricoveri in una maggiore offerta di assistenza domiciliare.
Il fascicolo sanitario elettronico come possibile mezzo di scambio di informazioni non decolla: i medici del territorio, anche per farraginosità burocratiche, spiega il report di Fadoi, riescono ad aggiornarlo solo nel 13% dei casi e la percentuale di chi lo fa raramente tocca il 60.
I maxi ambulatori del futuro? Per il 20% dei camici bianchi internisti non riusciranno ad evitare il ripetersi di ricoveri ed accessi impropri ai Pronto soccorso, mentre per il 47% potranno influire positivamente solo a patto che la riforma venga modificata. Per il 47% degli internisti ospedalieri sardi occorre prima di tutto un provvedimento, ancora mancante, che fornisca indicazioni precise su quali professionisti del territorio e con quale modalità debbano lavorare nelle nuove strutture, mentre per il 26% occorrono regole che disegnino il rapporto tra queste strutture e l’ospedale. Infine, per un altro 20% servono piattaforme informatiche comuni tra ospedale e strutture territoriali.
“La realtà descritta corrisponde a quanto i medici internisti ospedalieri valutano quotidianamente nei reparti di tutta la Sardegna – spiega il presidente regionale di Fadoi Carlo Usai – La mancata presa in carico dei servizi territoriali incide negativamente su tutti gli indicatori di performance, ma soprattutto contribuisce all’inapropriatezza in un setting assolutamente inadatto dal punto di vista assistenziale. In questo panorama, alcune aziende ospedaliere si sono dotate di un servizio dedicato, come ad esempio l’Unità di valutazione ospedaliera nella Aou di Sassari, un team multidisciplinare composto da un medico geriatra e dagli assistenti sociali che si occupa dei pazienti identificati e segnalati dalle varie strutture ospedaliere e pianifica il Piano assistenziale individualizzato attivando i percorsi intraospedalieri, extraospedalieri sanitari e socio-assistenziali in collaborazione con il distretto della Asl di appartenenza e i Plus”.