L’assemblea dei cronisti: «Decisione che precipita l’azienda in un arretramento culturale e organizzativo che gli ultimi quattro anni sembravano aver superato».
«Le assemblee degli azionisti di Rcs Mediagroup si svolgono esclusivamente in collegamento digitale, sfruttando le nuove opportunità offerte dalle tecnologie. Nelle redazioni dei suoi Periodici, invece, il presidente Urbano Cairo ha cancellato con un colpo di spugna il lavoro agile, precipitando l’azienda in un arretramento culturale e organizzativo che gli ultimi quattro anni sembravano aver superato. E questo proprio alla vigilia dell’approvazione dei conti economici 2023 che hanno visto un bilancio positivo per 57 milioni di euro, la distribuzione di un dividendo da 0,07 euro per azione e il ritorno dell’area Periodici alla redditività, con un ebitda in positivo di 2,1 milioni di euro rispetto al -1,8 milioni del 2022, grazie anche e soprattutto ai sacrifici di giornaliste e giornalisti tra cassa integrazione e smaltimento massiccio delle ferie». Lo afferma in un comunicato stampa diffuso mercoledì 15 maggio 2024 l’assemblea dei giornalisti dei Periodici Rcs.
La nota prosegue ripercorrendo i fatti: «Introdotto durante la pandemia da Covid-19, quando solo grazie allo smart working le nostre testate sono sempre state realizzate e pubblicate con regolarità e completezza di informazione, il lavoro agile nei Periodici Rcs è stato utilizzato anche negli anni successivi prima con la sottoscrizione di un’intesa legata allo stato di crisi fino a dicembre 2023 e poi con successive proroghe espressamente raggiunte “nell’ambito di un confronto finalizzato alla ricerca di un accordo più complessivo”. Il 29 aprile, improvvisamente, l’azienda ci ha invece comunicato lo stop a ogni forma di lavoro agile a partire dal primo maggio. Quasi a celebrare, con vena cinicamente ironica, la Festa dei lavoratori».
I giornalisti aggiungono: «La motivazione è stata l’asserita convinzione che per i Periodici, come opera collettiva dell’ingegno, l’organizzazione del lavoro ideale è a parere dell’azienda quella esclusivamente in presenza. Al contrario, detto solo per inciso, nelle redazioni del Corriere della Sera lo smart working è pienamente operativo. Con una discriminazione odiosa e incomprensibile all’interno della stessa azienda. Né alcuna risposta, neppure di cortesia, è arrivata dal presidente Cairo, a cui abbiamo immediatamente inviato una lettera per sottolineare gli innegabili vantaggi dello smart working anche “per l’efficienza delle aziende, con risparmi economici nel breve e nel lungo periodo e in particolare con un immediato recupero di produttività grazie a un maggiore impegno dei lavoratori, a una loro più ampia flessibilità e a minori assenze per le malattie brevi, che costituiscono un costo diretto per le imprese”, e per chiedergli nuovamente “l’apertura di una trattativa che regolamenti in maniera attenta ed efficace il lavoro agile all’interno delle nostre redazioni”. Argomenti che, con tutta evidenza, non hanno meritato attenzione, da parte del nostro presidente. Solo grazie alle nostre insistenze, e forse al timore di offrire il fianco a critiche più aspre, l’azienda ha accettato dopo qualche giorno di tutelare colleghe e colleghi con particolari condizioni di salute che impediscono loro la ripresa del lavoro in presenza. E di concedere l’attività in remoto per siti e social in talune fasce orarie particolarmente disagevoli».
La nota continua: «Un’azienda moderna e attenta all’ambiente? Noi però non cerchiamo “concessioni”. Noi meritiamo di lavorare in un’azienda moderna e responsabile, capace di superare le logiche polverose e antistoriche del controllo dei lavoratori da padroni delle ferriere e di tenere anche fede all’impegno per la sostenibilità ecologica e per la tutela dell’ambiente dichiarato pure nelle pagine del bilancio di esercizio consegnato agli azionisti. Non solo. Pretendiamo dall’azienda il rispetto e la consapevolezza di come l’esercizio della nostra professione, per definizione già flessibile, sia profondamente mutato, negli ultimi due decenni, con lo sviluppo e l’integrazione delle edizioni cartacee delle nostre riviste con l’attività sul web e sui social. Un cambiamento di impegni, orario e ambiti di competenza che giornaliste e giornalisti dei Periodici hanno voluto e saputo affrontare, con un recupero enorme di efficienza e produttività. Il lavoro agile, lo ribadiamo con forza, è uno strumento dell’organizzazione del lavoro utile non solo al benessere dei lavoratori, alla conciliazione tra vita e impegni professionali e alla tutela del nostro pianeta, ma anche e soprattutto efficace per le aziende, per la loro produttività e i loro bilanci. Non è una merce di scambio, da sfruttare quando fa comodo o per ottenere nuovi tagli economici e sacrifici dei lavoratori, come sembra ritenerlo l’azienda, ma uno dei segnali della crescita e della proiezione verso il futuro di ogni impresa che voglia dirsi matura, moderna, attenta ai propri conti così come al benessere dei propri dipendenti».
Il comunicato si chiude annunciando le prossime mosse: «Per questo siamo decisi a non arretrare sulle nostre posizioni, sulle nostre idee e sulla necessità e opportunità di raggiungere in tempi rapidi un accordo sul lavoro agile nei Periodici Rcs. A mantenere alta la tensione e l’attenzione su questi temi, diffondendo ovunque le nostre posizioni, con ogni mezzo e su ogni canale a nostra disposizione. E a chiedere al presidente Cairo di smettere i panni ottocenteschi, anacronistici e antieconomici del padrone e di aderire all’immagine di imprenditore intelligente, moderno e vincente che vuole trasmettere all’esterno da proprietario e amministratore di giornali, tv e squadre di calcio».