Una potente esplosione ha colpito in serata la roccaforte dei miliziani sciiti filoiraniani nel quartiere Da’aheh a Beirut.
L’attacco, immediatamente confermato dall’esercito israeliano, ha mirato al Consiglio della Shura di Hezbollah oltre che alla sala operativa del braccio militare del partito di Dio e delle Guardie rivoluzionarie iraniane: il bersaglio dell’Idf era Fuad Shukr, alias Hajj Mohsin, numero due delle milizie di Hassan Nasrallah, suo consigliere militare, considerato da Israele “responsabile dell’omicidio dei bambini di Majdal Shams e di numerosi altri civili israeliani”. L’obiettivo, ha poi reso noto dopo alcune ore l’Idf, è stato neutralizzato. Shukr è il comandante di Hezbollah più anziano ucciso da Israele, ha specificato l’esercito in una nota, identificandolo come il braccio destro di Hassan Nasrallah e aggiungendo che era “responsabile della maggior parte degli armamenti più avanzati di Hezbollah, tra cui missili a guida di precisione, missili da crociera, missili antinave, razzi a lungo raggio e droni”, oltre che “dell’accumulo di forze, della pianificazione e dell’esecuzione di attacchi terroristici contro lo Stato di Israele”. Anche altri media arabi, da al Arabya alla saudita al Adht, passando per i network libanesi, citando fonti di sicurezza locali avevano confermato in precedenza la morte dell’alto comandante sciita, mentre Hezbollah al contrario ha fatto sapere che il colpo israeliano è fallito.
Quanto al bilancio delle vittime, che è continuato a crescere, secondo il governo libanese è di almeno 3 morti e 74 feriti: testimoni hanno parlato di un palazzo di otto piani colpito, con tre piani crollati. L’operazione dell’Idf, di cui sono stati informati per tempo gli Stati Uniti, è arrivata dopo giorni di tensione alle stelle, in Medio Oriente quanto nelle cancellerie internazionali. Le diplomazie, con in testa Washington, hanno lavorato per ottenere moderazione da entrambi i versanti. Hezbollah pubblicamente ha respinto la richiesta, ma saranno le prossime ore a dirlo.