“Ivostri stivali entreranno nei villaggi che Hezbollah ha trasformato in una vasta postazione militare”: queste parole, rivolte alle truppe dal capo dell’esercito israeliano, sono il segnale che la guerra nel sud del Libano potrebbe salire drammaticamente di livello da un momento all’altro.
Il copione finora ha ricalcato l’evoluzione del conflitto a Gaza, ossia il bombardamento prolungato delle postazioni nemiche per aprire la strada alle truppe di terra, la mobilitazione dei riservisti (due brigate dispiegate nel nord) e la richiesta ai civili di evacuare i villaggi di confine.
Nell’attesa, si continuano a contare i morti. Le vittime dei raid in tutto il Libano nelle ultime 24 ore sono state almeno 50, che si aggiungono alle 558 dei giorni scorsi. Israele ha colpito per la prima volta un villaggio a maggioranza cristiana a nord di Beirut. E si consuma anche il dramma degli sfollati: secondo le Nazioni Unite, sono stati circa 90.000 questa settimana. In questo caos sempre più governi invitano i propri connazionali a lasciare il Paese dei Cedri in fiamme, preparando anche piani di evacuazione.