Sabato 23 a Ottaviano, di fronte alla Chiesa di San Gennaro in Piazza San Gennarello, nel nome di un mio concept su cosa sia il femminicidio, una serie d’artisti visivi e performer si sono confrontati sul “Femminicidio”: di tematiche di lavoro così complesse dovrebbero occuparsene solo gli artisti contemporanei in ogni dove e a norma di legge andrebbero vietate altre discussione mediatiche di massa che invece di sensibilizzare alimentano conflitti uomo-donna come fossero identità relazionali scisse (ricordo che quando mi stavo separando dalla mia ex moglie, mamma mi diceva: “trovatela una soluzione, amore non è guerra, non si può stare insieme e vicino se poi scatta la guerra Nato-Putin”).
Quando m’affidano curatele così complesse, lavoro su cerimoniali che devono tradursi in riti e cerimoniali collettivi, non a caso qualche passante chiedeva se stessimo svolgendo una messa. Enzo Correnti ed Ina Ripari, sono nel linguaggio di genere della performance due giganti dallo spessore e dalla tenuta internazionale, lontani dai riflettori si sono esibiti in situazioni ad alta tensione dovunque in Italia e nel globo, per decenni hanno disegnato una traiettoria di genere lontano dal circuito specializzato di genere portando l’arte dovunque e comunque, più veri e legati di Marina Abramovic e Ulay e per questo realmente di nicchia, se non mastichi cosa sia l’arte nel quotidiano e a cosa serva la performance, non puoi comprenderli sul serio, nella performance d’Ina Ripari, dopo essersi sposati, colui che fustiga e costipa la moglie, muore per sfinimento dopo averla annientata in tutta la sua luce vitale.
Enzo Correnti di suo cattura donne come prede da collezionare per poi liberarle in tutta la loro autonomia regalando loro una rosa, nessuna donna è proprietà privata. Andre Riccardi (il “pulcinella d’oro”) con Sabrina Terracciano che faceva rivivere Giovanna D’Arco, facevano riflettere su cosa fosse o debba essere l’amore. Giuseppe De Chiara autore del libro “III Arcano Maggiore L’Imperatrice”, ha interpretato cosa sia la donna nella percezione della memoria collettiva e connettiva, impagabile la sua interpretazione della Regina Giovanna e della Papessa (leggere il suo libro Grausedizione non darà mai la grandezza completa di un artista che vibra onde artistico emotive in ogni suo gesto e fonema emesso). I lavori di Carmen D’Auria che facevano da cornice al tutto, meriterebbero pagine di storie dell’arte, che a dirla tutta storicamente lei ha scritto con il suo lavoro che incarna la presa di coscienza simbolico onirica della cognizione e condizione di donna in questo scorcio di millennio.
Nonostante fossi il curatore, ho realizzato dei lavori in Piazza insieme a Caterina Incani, artista che reputo essere un traino generazionale per la l’arte visiva che verrà, vent’anni, studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Firenze (a Cagliari non c’è), ha affrontato la tematica partendo da ciò che affronta nel quotidiano con la Sindrome di Caroli e il rene policistico autosomico recessivo, simbolicamente quanto e come dipendono dalla dipendenza altrui? E se l’altro non sa amare ed accettare certi aspetti patologici legati all’esistenza quotidiana che vanno ben oltre ciò che è diagnosticato? Dei suoi lavori realizzati in Piazza, una è stato acquisito dal prelato Don Raffaele Rianna della Chiesa di San Gennarello. Tutto questo è stato possibile, perché da anni un collezionista come Michele Franzese investe sul valore dell’arte contemporanea coma valore aggiunto aggregativo comunitario sociale, facendo in modo che un’amministrazione comunale come quella del Sindaco Biagio Simonetti e l’Assessore alle pari opportunità Maddalena Massa la rendessero possibile. Si è aggiunto a tutto questo un fuori programma presso Sciusciante, nello spazio di Michele Franzese, dove Enzo Correnti ha bissato la sua performance, incartando l’artista Luigi Di Sarno nell’atto di dipingere i suoi lavori, liberando invece le donne costrette a comprenderne il contenuto per renderlo fruibile in termini di sensibilità ed elevazione coscienziale senza la quale l’artista è impossibilitato a liberarsi dal peso del Sé.
Nel fuori programma è stato possibile anche interagire con l’installazione di Marco Rallo (artista che si è occupato della comunicazione grafica) collocata in bagno nel nome del consentire allo spettatore una reazione intima e proibita in relazione a ciò che osserva sollevando e spiando tendine. Posso aggiungere una cosa? Di cose complesse è giusto che ne parlino solo gli artisti, sarà per questo che a Cagliari li abbandonano e del loro valore debba occuparsene un curatore Indy e un docente di periferia come me?
di Mimmo Di Caterino