Aberides sas ghennas/ Aprite le porte

Appello in vista delle Elezioni in Sardegna

Apellu a su de tres polos alternativos a “tzentru dereta” e “tzentru manca” Pro unu movimentu populare tzìvicu sardista, progressista abertu e inclusivu

Appello al terzo polo alternativo a “centro destra” e “centro sinistra” Per un movimento popolare civico sardista, progressista aperto e inclusivo

(lingua statale)

Lo scorso primo agosto è stato diramato un comunicato firmato da diverse sigle del panorama politico sardo per proporre «un’alternativa unitaria e antagonista al cartello di partiti oggi presenti in Consiglio regionale».

Lo hanno chiamato “secondo polo”, a voler intendere che i due poli maggiori, cioè “centro destra” al governo e “centro sinistra” all’opposizione sono in realtà un polo unico, il quale pratica da decenni le medesime politiche di assistenzialismo senza alcuna vera programmazione che risolva i problemi alla radice.

Le sigle che lanciano il terzo polo sono: Rifondazione Comunista, Potere al Popolo, ProgReS, Partito Comunista Italiano, iRS e RossoMori. Le matrici teoriche e politiche che costituiscono la base di questa proposta elettorale sono quindi due: anticapitalismo e sardismo.

Noi accettiamo le premesse valoriali del progetto, ma soprattutto sottoscriviamo i punti salienti dell’accordo i quali costituiscono veri e propri obiettivi di salute pubblica, di salvezza per una terra brutalmente soffocata dalle diseguaglianze e saccheggiata da sistemi che oramai nessuno può più negare essere dei sistemi coloniali:

1. introduzione di un salario minimo garantito e reddito universale di base per le disoccupate e i disoccupati;

2. riconoscimento e attuazione del principio di autodeterminazione del Popolo sardo sulle scelte di governo della Sardegna;

3. dismissione immediata di tutti gli insediamenti militari e dell’industria bellica;

4. Moratoria dei progetti di colonialismo energetico

Non è la prima volta che in Sardegna si tenta la costruzione di una piattaforma civico-popolare, ispirata dalle matrici dell’indipendentismo, del sardismo conseguente e dell’anticapitalismo e certamente le elezioni non sono un buon momento per cimentarsi in un’impresa che chiederebbe tempo, confronto, pratiche condivise e lungimiranza.

Tutte qualità che, trasversalmente, sono risultate insufficienti per la costruzione, nella società, di un polo politico e culturale stabilmente alternativo al sistema coloniale e alle sue appendici sedicenti “sardiste”, “indipendentiste”, “progressiste”.

Ma a noi interessa comunque cogliere l’occasione, perché sappiamo bene che non esistono momenti giusti e condizioni perfette. E questa ci sembra un’occasione per avviare un processo che – nella nostra prospettiva – ci dovrà portare ben oltre le elezioni del 2024 e, al di là dell’esito elettorale, alla costruzione di un nuovo spazio politico popolare, civico, sardista conseguente, ecologista, femminista, costituito da valori e non ideologico, sostenuto dalle organizzazioni reali e non soffocato dalla burocrazia delle sigle.

Un sogno? Vedremo!

Intanto proviamoci, perché l’alternativa, a questo giro, stando al quadro attuale, è il non voto. Le due opzioni “centro sinistra” e “centro destra”, non sono in alcun modo attrattive per chi ha veramente a cuore gli interessi della nostra terra.

Ma il nostro non è un assegno in bianco. Riteniamo indispensabile rimettere al centro del dibattito due punti fondamentali:

– Essere realmente attrattivi e alternativi al sistema coloniale rappresentato da tutti soggetti che si passano la palla da trent’anni a questa parte

– Aprire spazi di elaborazione democratica a tutte quelle realtà che, spesso in solitudine e senza copertura istituzionale, garantiscono l’unica opposizione al regime della speculazione, del malaffare, dell’abbandono, dell’utilizzo bellico della nostra terra, dello sfruttamento delle persone e dei territori della Sardegna.

Insomma, le elezioni non bastano!

Ci vuole la comunità e molte esperienze sarde dimostrano che si tratta di un obiettivo alla nostra portata, ma bisogna saperle includere e stimolare la loro partecipazione aprendo le porte e facendo diventare il bruco di un semplice accordo elettorale tra sigle, una farfalla popolare capace di librarsi in volo e creare una prospettiva politica di lunga durata.

Senza questa apertura, senza una visione strategica che guardi al dopo elezioni, senza la capacità di mettere in valore tutte quelle esperienze che in Sardegna oggi si sono alzate in piedi per fronteggiare la devastazione, il saccheggio dei nostri territori, la drammatica desertificazione della nostra società e l’impoverimento materiale e spirituale del popolo sardo, temiamo che il percorso si vada a chiudere sulla mera gestione burocratica in cui sono storicamente inciampate tutte le proposte elettorali alternative degli ultimi decenni.

Non può infatti essere un caso che nessuna delle liste alternative al sistema coloniale sia rimasta in piedi nel dopo elezioni. Senza una reale apertura e una vocazione popolare, questi tentativi non solo falliscono, ma bruciano energie preziosissime.

Dobbiamo riallacciare i fili con la società sarda, ristabilire la “connessione sentimentale” (Gramsci) con il popolo sardo, o almeno con le parti insofferenti e in ebollizione di esso. Ma ciò non è possibile farlo da frammentati, da tessere di un puzzle, senza una prospettiva chiara del “da dove” e del “verso dove”.

Non è possibile farlo con la sola politica, servono anche la socialità, il mutualismo, la cultura. Cento anni fa contadini, artigiani, pastori, pescatori e piccoli intellettuali, dopo il disastro della carneficina mondiale e dopo 13 mila caduti, si incontravano a Macomer e si proponevano di «dare finalmente all’abbandono, un movimento e un’anima».

Se vogliamo riprendere quel filo, essere davvero gli eredi di quei coraggiosi sopravvissuti, è necessario però capire bene cosa portare con noi e a cosa rinunciare, ma soprattutto lo dobbiamo fare ora perché è l’esistenza della nostra area politica e dello stesso popolo sardo è a rischio e non possiamo più permetterci di sbagliare.

A queste condizioni noi ci saremo, con tutta la nostra forza, la nostra competenza e la capacità di creare un futuro migliore. Tutto questo per dire che o si ha il coraggio di uscire fuori dalla mentalità del “cosa facciamo alle
elezioni?” o l’operazione che si sta facendo nasce morta. E allora, cosa vogliamo?

La nostra proposta è porte aperte!

Vogliamo chiedere pubblicamente agli amici promotori del “secondo polo” di aprire le porte!

In Sardegna ci sono delle emergenze gravissime, dei veri e propri punti di salute pubblica. Usate la campagna elettorale per fare gridare le comunità in lotta, aprite a chi, in tutti questi anni, non ha frequentato salotti e studi televisivi, ma piazze e quartieri, scuole e tancas. Date priorità alla prassi, date il microfono alla lotta e non chiedete nulla in cambio. Mollate questioni terminologiche e gettativi con tutte le forze ad aggredire gli avvoltoi che stanno spolpando la vita dei sardi.

Fate vedere che un’altra Sardegna è possibile e che un’altra Sardegna è già in marcia. Mettete da parte tatticismi e sterili questioni sui candidati, partite dal presupposto che se questo nuovo spazio politico dovesse prendere anche solo l’1%, sarebbe comunque un buon inizio, perché è la strada giusta, la strada che ha un futuro. Ci saranno comunità dove la lealtà e la coerenza verranno premiate. Eventualmente si ripartirà da lì e in ogni caso la voce degli invisibili per una volta sarà emersa dal baratro.

Guardatevi bene dal fare discorsi da politicanti consumati come “i sardi non ci hanno capiti” nel caso non si superi la soglia del 5% prevista dalla vigente legge elettorale che, per volti versi, risulta antidemocratica e finalizzata ad escludere le voci scomode dal Consiglio
Regionale. Crediate in quello che avete scritto, perché quello che avete scritto è giusto ed è sacrosanto, se non rimarranno solo parole.

Con molti di voi ci siamo visti alle due manifestazioni davanti al Mater Olbia, contro i finanziamenti pubblici alla sanità privata lanciate dalla Rete sarda difesa della sanità pubblica e da Caminera Noa.

Ci siamo visti alle manifestazioni davanti ai cancelli delle basi militari indette da A Foras. Ci siamo incrociati negli scioperi del sindacalismo di base e in particolare nelle piazze della USB e dei Cobas Sardegna, nelle mobilitazioni contro il carovita, nelle comunità in rivolta contro la speculazione energetica.

Il terreno di gioco è chiaro, certo non abbiamo clientele alle ASL o posti da consulente ai lavori pubblici da esigere. Aprite le porte e fate entrare questo vento nuovo ad animare un progetto che altrimenti vi crollerà addosso, con l’aggravante di aver bruciato anche questa carta sull’altare della ragion di bottega. Non condividiamo molto del metodo con cui ci siete arrivati, ma il fatto è che avete avanzato il passo e vi siete assunti una responsabilità. E quando qualcuno fa un passo nella direzione giusta anche se con la tecnica sbagliata, non bisogna fargli lo sgambetto, bisogna far continuare il ballo e alzare la musica.

(Sardu)

Sa prima die de austu est istadu ispainadu unu comunicadu firmadu dae unas cantas siglas de su panorama polìticu sardu pro propònnere «un’alternativa unitària e antagonista a su cartellu de partidos oe presentes in Cussìgiu regionale».

L’ant mutidu “segundu polu”, pro fàghere a cumprèndere chi sos duos polos majores, est a nàrrere “tzentru dereta” a su guvernu e “tzentru manca” a s'opositzione sunt in realidade unu polu ùnicu, chi pràticat dae deghinas de annos sas matessi polìticas de assistenzialismu sena peruna programatzione bera chi resolvat sos problemas dae raighinas.

Sas siglas chi ant fundadu su de tres polos sunt: Rifondazione Comunista, “Potere al Popolo”, ProgReS, Rifondazione Comunista, iRS e RossoMori.

Sas màdrighes teòricas e polìticas chi costituint sa base de custa proposta eletorale sunt tando duas: anticapitalismu e sardismu.

Nois atzetamus sas premissas valoriales de su progetu, ma mescamente sutascrivimus sos puntos printzipales de s’còrdiu chi costituint obietivos beros de salude pùblica, de sarvesa pro una terra catigada e isfiadada dae sas diferèntzias sotziales e assachizada dae unu sistema chi como nemos podet prus dennegare chi est coloniale:

1. introduida de unu salàriu mìnimu garantidu e rèditu universale de base pro sas disocupadas e sos disocupados;

2. reconnoschimentu e atuatzione de su printzìpiu de autodeterminatzione de su Pòpulu sardu subra de sos sèberos de guvernu de sa Sardigna;

3. serrada de totu sos insediamentos militares e de s’indùstria de sa gherra;

4. Moratoria de sos progetos de colonialismu energèticu

No est sa prima bia chi in Sardigna si proat a fraigare una prataforma tzìvicu-pobulare, ispirada dae sas màdrighes de s'indipendentismu, de su sardismu cunsighente e de s'anticapitalismu e de seguru sas eletziones non sunt unu momentu bonu pro si chimentare in una fàina chi recedi tempus, diàlogu, pràticas cumpartzidas e abbistas.

Totus calidades chi sunt resurtadas insufitzientes pro fàghere intrare, in sa sotziedade, unu polu polìticu e culturale cun fundamentos fortes e alternativu a su sistema coloniale e a sos apendìtzios suos chi si decrarant “sardistas”, “indipendentistas”, “progressistas”.

Ma a nois interessat comuncas a collire s’ocasione, ca ischimus bene chi no esistint momentos giustos e cunditziones perfetas. E custa nos paret un'ocasione pro incaminare unu protzessu chi – in sa prospetiva nostra – nch'at a dèvere lòmpere a posca sas eletziones de su 2024 e cale chi siat s’èsitu eletorale, pro giùghere a su fràigu de unu logu polìticu nou, pobulare, tzìvicu, sardista cunsighente, ecologista, feminista, costituidu dae balores e non dae ideologias, sustentadu dae sas organizatziones beras e no isfiadadu dae sa burocratzia de sas siglas.

Est unu bisu? Amus a bìdere!

Tando proemus·nos, ca s’alternativa, a custu giru, istende a su cuadru atuale, est su de non andare a botare.
Sos duos sèberos “tzentru manca” e “tzentru dereta”, non sunt in perunu modu atrativas pro chie tenet a beru a coro sos interessos de sa terra nostra.

Ma su nostru no est un’assignu in biancu. Nois creimus chi est pretzisu a torrare a pònnere in su tzentru de sa dibata duos puntos fundamentales:

– Èssere a beru atrativos e alternativos a su sistema coloniale rapresentadu dae totu sos sugetos chi si passant sa botza dae trinta annos a custa ala.

– Abèrrere ispàtzios de elaboratzione democràtica a totus cuddas realidades chi, as’ispissu in soledade e sena cobertura istitutzionale, garantint s’ùnica opositzione a su regìmene de s’ispeculatzione, de su malu fàghere, de s’abbandonu, de s’impreu de sa terra nostra a iscumbatu de armas e a fàghere fintas de gherra, de s’isfrutamentu de sas persones e de sos territòrios de sa Sardigna.

Duncas, sas eletziones non bastant!

Bi cheret sa comunidade e medas esperièntzias sardas mustrant chi si tratat de un’obietivu possìbile, masa partetzipatzione issoro bisòngiat de l’incruire e promòvere aberende sas ghennas e faghende mudare una ramedda de unu acòrdiu eletorale intre siglas, in una mariposa populare chi s’ischit artziare in bolu e fraigare, gasi, una polìtica chi adduret in su tempus benidore.

Sena custa abertura, sena una bisione istratègica chi càstiet a pustis de sas eletziones, sena sa capatzidade de dare balore a totu cuddas esperièntzias chi in Sardigna oe si nde sunt pesadas a sa ritza pro pesare sa boghe e cumbatare contra a su sagrastu e a su assachizu de sos territòrios nostros, sa desertificatzione drammàtica de sa sotziedade nostra e sa poberesa materiale e ispirituale de su pòpulu sardu, timimus chi su caminu andet a si serrare petzi cun una gestione burocràtica nuda e crua, in ue sunt semper rutas totu sas propostas eletorales alternativas de sas ùrtimas deghinas de annos.

Difatis non podet èssere unu casu chi, a pustis de eletziones, de sas listas alternativas a su sistema coloniale non nde siat abarrada mancuna. Sena una bera abertura e un’;apentu populare, custos tentativos non petzi fallint, ma brùsiant energias pretziosas meda.

Devimus torrare a nos prèndere cun sa sotziedade sarda, torrare a tènnere sa “connessione sentimentale” (Gramsci) cun su pòpulu sardu, o a su mancu cun sas alas dolentes e buddinde suas.

Ma essende partidos, custu non si podet fàghere, non si podet tèssere unu puzzle, sena una bisura crara de su “dae ue” e de su “cara a ue”.

No est possìbile a lu fàghere petzi cun sa polìtica, serbint fintzas sa sotzialidade, su mutualismu e sa cultura.

Chentu annos a oe massajos, artisanos, pastores, piscadores e intelletuales, a pustis de su disacatu de su degòlliu mundiale e a pustis de trèighimigia mortos, s’adobiaiant in Macumere e si impromintiant de «dare in fines a s’abbandonu, unu movimentu e un’ànima».

Si cherimus torrare a leare cuddu filu, èssere a beru sos erederis de cuddos balentiosos subravìvidos, est netzessàriu però a cumprèndere bene ite giùghere cun nois e a ite rinuntziare, ma mescamente lu devimus fàghere como ca s’esistèntzia de s’àrea polìtica nostra e de su matessi pòpulu sardu est in arriscu e non podimus faddire prus.

A custas cunditziones nois bi amus a èssere, cun totu sa fortza nostra, sa cumpetèntzia nostra e sa capatzidade de creare un’imbeniente mègius.

Totu custu pro nàrrere chi o si tenet su coràgiu de essire a foras dae sa mentalidade de su “ite faghimus a sas eletziones?” o s’operatzione chi s’est faghende naschet morta. E tando, ite cherimus?

Sa proposta nostra est: ghennas abertas!

Cherimus pedire publicamente a sos amigos promotores de su “segundu polu” de abèrrere sas ghennas!

In Sardigna b’at apretos graves meda. Impreade sa campagna eletorale pro fàghere abboghinare sas comunidades in gherra, aberide a chie, in totus custos annos, no at frecuentadu istùdios televisivos, ma petzi pratzas e bighinados, iscolas e tancas. Dade prioridade a su fàghere, dade su micròfonu a sos chi gherrant sena pedire nudda a càmbiu. Lassade sas chistiones terminològicas e andade cun totu sas fortzas contra a sos chi sunt suende su sàmbene de sos sardos. Faghide bìdere chi una àtera Sardigna est possìbile e chi una àtera Sardigna est giai in càminu.

Ponide a banda taticismos e chistiones lanosas subra de sos candidados, cumintzade dae su presupostu chi si custu ispàtziu polìticu nou deveret pigare petzi su 1%, diat èssere comuncas unu cumintzu bonu, ca est su caminu giustu, su caminu chi tenet un’imbeniente. B’at a àere comunidades ue sa lealidade e sa coerèntzia ant a bènnere premiadas.

S’at a pòdere torrare a mòvere dae in cue e a ogni manera sa boghe de sos chi non contant at a bàllere nessi pro una borta. Faghide atentzione a non fàghere arresonos de politicantes chi narant “i sardi non ci hanno capiti”; in casu non si nche giampet su 5% prevìdidu dae sa lege eletorale chi, pro paritzas cosas, est antidemocratica, fata pròpiuvpro non tènnere contu de sa boghe de totu cussos chi no la pensant a cuncordu de sos meres. Creide-bi in cussu chi ais iscritu, ca est su giustu, si nono ant a abarrare petzi paràulas.

Cun medas de bois nos semus agàtados in sas manifestatziones cara a su Mater Olbia, contra a sos finantziamentos pùblicos a sa sanidade privada amanitzadas dae sa “Rete sarda difesa de sa sanidade pùblica” e de Caminera Noa. Nos semus bidos a sas manifestatziones a dae nanti de sos cantzellos de sas bases militares cramadas dae A Foras. Nos semus agatados in sos isciòperos de su sindacalismu de base e in particulare in sas pratzas de s’USB e de sos Cobas Sardigna, in sas mobilitatziones contra su “carovita”, in sas comunidades in abbolotu contra s’ispeculatzione energètica.

Su terrinu de giogu est craru, tzertu non tenimus clientelas in sas ASL o giassos de consulentes.

Aberides sas ghennas e faghides intrare custu bentu nou pro animare unu progetu chi sinunca nd’at a rùere, e, male peus, cun sa neghe de àere brusiadu fintzas custa carta subra de s'altare de sas netzessidades de butega.

Non cumpartzimus meda de sa mètida chi ais impreadu pro su chi seis lòmpidos a fàghere, ma su fatu est chi bos ais pigadu una responsabilidade. E cando calicunu faghet unu passu in sa filada giusta, mancari cun sa tècnica faddida, non bisòngiat de li fàghere sa gherra, bisòngiat de li fàghere sighire su ballu e artziare sa mùsica.

Firmano l’appello:

Agostino Brianda (docente di Lettere in pensione)

Anghelu Marras (artista, militante politico)

Alisandru Sanna ak Quilo (artista, attivista)

Anghelu Fantzellu (medico e presidente del consiglio comunale di Ossi)

Clara Farina (poetessa e attivista per la lingua sarda)

Cristiana Piazza (ex dirigente scolastico e scrittrice)

Cristiano Sabino (docente, attivista, saggista, blogger)

Federico Francioni (storico e saggista)

Filippo Kalomenidis (scrittore, militante politico)

Flavio Piras (docente di filosofia e poeta)

Gianluigi Deiana (attivista e sindacalista)

Gigi Pìsci (militante di strada)

Gregorio Salis (psicologo in pensione)

Lidia Fancello (Rappresentante sarda di Alleanza Libera Europea – European Free Alliance ALE-EFA)

Maria Lucia Cocco (ex sindaco di Tissi, attivista)

Matteo Murgia (ingegnere, attivista, ex presidente dell’associazione Don Chisciotte)

Michele Zuddas (attivista e avvocato)

Ninni Tedesco (giornalista, attivista)

Paola Pilisio (ambientalista e presidente di Capsa, comitato che ha vinto la battaglia legale contro ENI)

Paolo Pisu (ex sindaco di Làconi e attivista per la pace)

Roberta Sotgia, (docente di filosofia)

Sebastiano Ghisu (docente di filosofia all’Università di Sassari)

 

 

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