La manifestazione Pro life svoltasi a Roma ha portato ancora una volta i riflettori su un tema da anni discusso e sviscerato un po’ da chiunque: la legge 194/78 che regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza. Prima di questa legge, tutte le azioni che gravitavano attorno all’aborto ricadevano in reati penali. Poi grazie alle battaglie e ad alcuni arresti di esponenti del Partito radicale, si è finalmente deciso di regolamentarizzare questa pratica ponendo però alcuni paletti. Paletti che evidentemente non mettono tutti d’accordo e continuano ad essere argomento di discussione, di scontro e di manifestazioni.
“L’aborto è sempre una tragica sconfitta”, dichiara Papa Francesco. Ma l’aborto è anche libertà di scelta, libertà di interrompere una gravidanza che per 1000 e uno motivi non si vuole o non si può portare a termine. Quello che secondo me non viene messo sufficientemente in evidenza è che le parti coinvolte in un aborto sono principalmente due: la MAMMA e il NASCITURO, per i difensori della libertà di scelta: il FETO.
Da femminista quale sono, rivendico i diritti delle donne e il diritto di poter scegliere sulla propria vita. Una gravidanza portata a termine è un piccolo essere vivente che crescerà, avrà bisogno di cure, attenzioni e tutto ciò che serve ad una persona per vivere. Quello che nelle prime settimane è un cumulo di sangue, diventerà in nove mesi un bambino, che sarà un adulto come tutti noi. Metterlo al mondo comporta delle responsabilità, non tutte le donne hanno i mezzi per portare avanti una gravidanza. E preferisco non entrare nel merito dei mezzi che possono essere materiali o immateriali.
Come possiamo entrare nel merito delle scelte personali di una donna che decide che le mancano i mezzi per diventare mamma? Soprattutto quando i mezzi sono immateriali? Chi glieli può fornire? E poi ci sono quei 90 giorni superati i quali il feto, il cumulo di sangue, diventa una persona e secondo la legge non puoi più abortire. In realtà, la 194 fa riferimento anche a casi particolari in cui per motivazioni legate alla salute della mamma o del bambino, è consentito l’aborto anche oltre questo termine. Insomma, direi che la legge ha toccato e regolamentato proprio tutti i punti di vista legati ad una gravidanza. -se sono stata stuprata, non voglio quel bambino che mi ricorderà sempre lo stupro. -se il bambino non è sano, appena lo scopro, posso decidere di non avere la forza di crescerlo. -se sono sola, non ho nessuno, sono moralmente debole, posso decidere che quel bambino avrà una vita di tormenti e voglio evitarlo. …
Ma quando l’aborto diventa un problema? Diventa un problema quando è il piano B per evitare una gravidanza; quando diventa un contracettivo; quando viene preso alla leggera guardando quel piccolo grumo di sangue come se fosse un brufolo da eliminare. Allora sono d’accordo, la legge 194 va rivista e dettagliata meglio. Sono del parere che la gravidanza rappresenti la vita e vada tutelata, così come va tutelato il bambino, o bambina, che sarà pronto a nascere alla fine delle 40 settimane di gestazione.
Perché questo è il ciclo della vita. Ma diventare mamma deve essere una scelta e non un’imposizione. L’aborto è sempre una tragica sconfitta.