«La situazione di quotidiani e periodici pone probabilmente al legislatore la questione di una nuova legge sull’editoria». A scandirlo è il presidente dell’Agcom, Giacomo Lasorella, nel corso della presentazione, giovedì 18 luglio 2024 a Montecitorio, della Relazione annuale al Parlamento dell’Autorità composta da Laura Aria, Massimiliano Capitanio, Antonello Giacomelli ed Elisa Giomi.
Lasorella definisce anche il quadro nell’ambito del quale matura tale la considerazione. «Il settore dei servizi media audiovisivi (televisione, radio, quotidiani e periodici) vale nel 2023 circa 11,5 miliardi di euro (nel 2019 erano 12,2). Al suo interno – rileva – continua a crescere il peso relativo della televisione; la radio rimane sostanzialmente stabile, mentre è in calo progressivo e strutturale la quota cumulata di quotidiani e periodici. Queste tendenze, evidentemente connesse alla rivoluzione digitale, hanno effetti molteplici, investendo le dinamiche concorrenziali, la protezione dei consumatori e anche la tutela dei princìpi del pluralismo: in tale prospettiva esse richiedono sempre più un allineamento delle tutele e, più in generale, delle regole, tra settore audiovisivo tradizionale e settore audiovisivo digitale».
Già nel mese di aprile 2024, l’Autorità aveva segnalato al governo l’opportunità di una riforma della disciplina relativa alle concentrazioni nella stampa quotidiana, sottolineando come i limiti ex ante stabiliti dal legislatore nel 1987, che fanno riferimento alle sole copie cartacee, non paiano più in grado di rappresentare le posizioni all’interno del mercato.
Come ricorda la segretaria generale Alessandra Costante a margine della presentazione, «da tempo la Fnsi sostiene che la legge dell’editoria e le altre norme di sistema non siano più allineate con il mondo dell’informazione. Bisogna cambiare paradigma: premiare e finanziare l’informazione professionale e tutelarla, non svenderla. Bisogna sostenere le aziende editoriali virtuose, non consentire un continuo depauperamento del giornalismo professionale».
In Italia, «siamo arrivati al punto che non si trovano più giovani che vogliano intraprendere la carriera giornalistica nei quotidiani. In Italia – incalza Costante – abbiamo televisioni sportive con bilanci floridi che si liberano dei giornalisti perché immagini e contenuti del calcio, ad esempio, vengono forniti direttamente dalle società sportive. In Italia ci sono aziende editoriali che si appoggiano a Srl con capitale sociale irrisorio».
Per la segretaria generale Fnsi, «bisogna parlare di legge della stampa, di concentrazioni editoriali, di informazione primaria e di intelligenza artificiale in modo moderno, tenendo presente che il solo giornalismo professionale è antidoto alla disinformazione e al deep fake».
Fra i temi toccati dal presidente nella presentazione delle circa 200 pagine della Relazione 2024 dell’Authority, anche quelli della par condicio, della tutela dei minori sul web, del contrasto alla pirateria online e delle sfide poste dell’avvento dell’intelligenza artificiale.
Dopo l’approvazione dell’Ai Act europeo, «il disegno di legge all’attenzione del Parlamento – spiega Lasorella – investe diverse aree di competenza dell’Autorità: nel solo settore dei contenuti mediali, si pensi ad esempio alla tutela dei minori, dell’utenza, al diritto d’autore, alla lotta alla disinformazione e alla manipolazione del dibattito pubblico». La chiave per affrontare la sfida del digitale «è certamente nella cooperazione e nell’interazione di tutti i soggetti istituzionali ed in particolare – aggiunge – di tutte le Autorità competenti nei vari settori, coordinando gli sforzi in un’ottica di sistema».
Un passaggio della Relazione è, infine, dedicato al tema della determinazione dell’equo compenso per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico. Dall’approvazione del regolamento attuativo, nel 2023, sono pervenute all’Autorità nove istanze di determinazione dell’equo compenso. Su due di queste l’Authority si è anche pronunciata, ma entrambi i provvedimenti, così come il regolamento stesso, sono stati oggetto di impugnativa. Pur respingendo due motivi di ricorso, il Tar ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea alcune questioni pregiudiziali. In forza di una successiva sentenza del Consiglio di Stato, nelle more della decisione della Corte di Giustizia, il regolamento continua a trovare applicazione.