Agi, il Cdr proclama una nuova giornata di sciopero. Fnsi: «Sempre al fianco dei colleghi»

Il Cdr dell’Agi proclama un nuovo sciopero per l’intera giornata di giovedì 11 aprile 2024, in applicazione del secondo pacchetto di mobilitazioni proclamato dall’assemblea dei redattori, e si riserva di mettere in atto altre iniziative di protesta a difesa dell’indipendenza e del pluralismo dell’informazione primaria.

«Oggi – spiega in un comunicato il Comitato di redazione – i redattori dell’Agi ancora una volta sono stati messi a conoscenza delle intenzioni dell’editore da una nota stampa e non da comunicazioni ufficiali ai lavoratori».

Il Cdr «esprime il suo sconcerto per come una delle più grandi multinazionali italiane, partecipata dallo Stato, sta trattando da mesi il futuro professionale e personale di oltre 70 giornalisti, che domandano un percorso trasparente per la eventuale cessione dell’agenzia di stampa e prende atto come si preferisca una trattativa privata ad un bando di gara, per sua natura strumento più idoneo alla corretta valorizzazione di un’azienda».

Ai giornalisti che hanno proclamato l’ennesima giornata di sciopero la vicinanza della Fnsi. «Sempre al fianco dei colleghi», ribadisce la segretaria generale Alessandra Costante.

La decisione di scioperare arriva dopo la smentita, da parte di Eni, delle indiscrezioni di stampa relative all’organizzazione di un bando di gara per la cessione dell’agenzia. «Eni – la posizione riferita da un portavoce del gruppo energetico – conferma che, nonostante la rilevante attenzione mediatica sulla prospettata cessione dell’agenzia, a oggi la società non ha ricevuto alcuna manifestazione di interesse alternativa a quella attualmente in valutazione, che si ribadisce non sollecitata e non esclusiva. Eni conferma nuovamente la propria totale apertura a valutare nuove manifestazioni di interesse effettivo e nel contempo la decisione, già adottata da diversi anni e che ha già portato in passato alla valutazione di molteplici altre manifestazioni di interesse, sino a ora non concretizzatesi, di uscire da un’area di attività che gli investitori e il mercato considerano come un’anomalia e che ha richiesto in questi anni un grande sforzo economico, manageriale e organizzativo».

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