“L’accusa ha chiesto il processo per i vertici dell’Aias per concorso in peculato, truffa, frode in pubbliche forniture, falso in atto pubblico, indebita percezione di erogazioni pubbliche. Chiusa l’indagine, il Pm Andrea Vacca ha chiesto il rinvio a giudizio per i fratelli Vittorio, Anna Paola e Alessandra Randazzo”, scrive il quotidiano L’Unione Sarda.
Il 12 aprile, i tre, dovranno comparire davanti al Gup, per l’avvio dell’udienza preliminare. Chiamate in causa ci sono anche Aias Cagliari e la Fondazione Stefania Randazzo.
“La Procura non ha fatto nessuno sconto ai vertici della onlus con accuse pesanti che riguardano la gestione del gruppo dal 2014 fino a oggi. Il pm contesta ai tre fratelli peculati per milioni di euro: non avrebbero destinato al pagamento degli stipendi di centinaia di dipendenti, dal 2008 al 2018, le somme ricevute dalla Regione quale corrispettivo delle prestazioni erogate, per un importo di oltre 18 milioni di euro”…”L’Aias avrebbe così destinato 18.222.847 euro all’Aias Cagliari, 808 mila euro all’Aias Sardegna e 859 mila euro alla Cooperativa Senecta per il pagamento di mutui e per le spese di gestione, cifre che per il pm sarebbero state vincolate al pagamento dei lavoratori”, prosegue L’Unione.
“Nel lungo capo di imputazione vengono contestate anche presunte truffe ai danni di Asl e Ats, legati ai contratti per assistenza socio-sanitaria, riabilitazione ealtri servizi destinati ai pazienti, ma anche la frode in pubbliche forniture per prestazioni chela Procura ritiene differenti da quelle pattuite nei contratti. Il tutto – almeno secondo la ricostruzione degli inquirenti-ai danni di centinaia di pazienti e dipendenti delle strutture di Cagliari, Decimomannu, Domusnovas, Cortoghiana e Monastir”, scrive ancora il quotidiano.
“L’indagine era partita nel 2019 quando la magistratura aveva acquisito i “Lea”, i livelli di assistenza previsti dalle convenzioni tra Ats e Aias, pagati con fondi pubblici. A difendere i tre dirigenti dell’Aias ci sono gli avvocati Leonardo Filippi, Denise Mirasola e Andrea Chelo che contestano l’intera ricostruzione della Procura, costatando che nei tanti anni di minuzioso controllo da parte del Tribunale fallimentare nessun reato fosse mai stato rilevato”, conclude l’Unione.