Al via la chimica della street art, si parte dal muro di Berlino

Cromato di piombo per il verde, bianco di titanio per il bianco e pigmenti azotati per rosso e giallo: è questo il primo identikit chimico dei murales del muro di Berlino, che inaugura la ‘chimica della street art’.

Un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Università di Palermo e Istituto per i Processi Chimico-Fisici del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Messina ha infatti messo a punto un innovativo metodo che unisce i dati ottenuti con le classiche indagini sul campo a strumenti basati sull’Intelligenza Artificiale: i risultati, pubblicati sul Journal of the American Chemical Society, aiuteranno a preservare e restaurare queste forme di espressione artistica, facendo luce su dettagli rimasti finora sconosciuti come pigmenti e tecniche utilizzate.

“La ricerca evidenzia il potente impatto della sinergia tra chimica e tecniche basate su reti neurali artificiali, in questo caso esemplificato dai pigmenti che rendono la street art così accattivante”, osserva Francesco Armetta di Università di Palermo e Ipcf-Cnr, che ha guidato i ricercatori.

I murales del muro di Berlino, come tanti altri esempi di street art, costituiscono una sfida per coloro che si occupano di arte e conservazione, poiché non possono essere portati all’interno dei laboratori, e i dispositivi portatili disponibili non hanno, purtroppo, la stessa precisione delle grandi apparecchiature.

Per aggirare l’ostacolo, gli autori dello studio hanno sviluppato un algoritmo che potesse analizzare i dati raccolti dagli strumenti portatili, identificando però in modo più accurato pigmenti e colori presenti.

Il primo test è stato fatto su 15 frammenti di vernice provenienti dal muro: i risultati dimostrano la capacità dell’algoritmo di identificare i vari pigmenti associati ai diversi colori, e di produrre informazioni preziose non solo per la conservazione artistica, ma anche per campi diversi come la medicina legale e la scienza dei materiali.

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