“Dati preoccupanti che ci ricordano della strage silenziosa delle persone morte per mesotelioma. Nel nuovo rapporto Istisan ‘Impatto dell’amianto sulla mortalità. Italia, 2010 – 2020’ emerge una media di 1.545 persone l’anno morte per mesotelioma (1.116 uomini e 429 donne) per un totale di quasi 17.000 casi”, dichiara Alberto Alberti, Componente ANMIL nel Comitato di gestione del Fondo Vittime dell’Amianto
Nell’80% dei casi il mesotelioma – che è un tumore aggressivo ad alta letalità che colpisce le cellule del mesotelio, il tessuto sottile che ricopre gli organi interni – è dovuto all’esposizione all’amianto.
Le regioni Piemonte, Lombardia, Valle d’Aosta e Liguria presentano un numero di decessi per 100.000 abitanti maggiore della media nazionale. Il numero dei decessi è superiore al numero atteso in 375 comuni: si tratta di territori con cantieri navali, poli industriali, ex industrie del cemento-amianto, ex cave di amianto.
Dei decessi osservati, in media l’1,7% (circa 25 l’anno) riguardava persone con 50 anni o meno e negli ultimi anni si osserva una diminuzione del numero dei decessi in questa fascia (31 nel 2010 e 13 nel 2020), come primo effetto della legge 257/92 con la quale l’Italia vietò l’utilizzo dell’amianto.
“Ci troviamo d’accordo con quanto espresso dal direttore del Dipartimento Ambiente e Salute dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità) su quando sia effettivamente stato fatto negli ultimi decenni. Ma l’amianto rappresenta ancora un’emergenza ambientale e sanitaria da fronteggiare con interventi mirati di prevenzione, bonifica e di eliminazione dei residui della fibra killer ancora presenti, non solo nei luoghi di lavoro ma anche in casa, e per questo, come Associazione che tutela persone che hanno contratto una malattia professionale sul luogo di lavoro e loro familiari, ci teniamo a ribadire la nostra disponibilità a collaborare con Istituti di ricerca e Istituzioni per poter creare una sinergia che consenta di porre fine a questa tragica catena di morti sul lavoro”, conclude Alberti.