Sguardi sulla contemporaneità con la Stagione 2024-2025 di Prosa | Danza e Circo Contemporaneo al Teatro Civico “Gavì Ballero” di Alghero organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni, con il patrocinio del Comune di Alghero e il sostegno della Fondazione Alghero e con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura e della Regione Autonoma della Sardegna e il contributo della Fondazione di Sardegna. Tredici titoli in cartellone da dicembre ad aprile, tra riletture di classici e testi di autori contemporanei, raffinate coreografie e incursioni nel nouveau cirque, con i grandi protagonisti della scena, da Lella Costa, che propone un’inedita versione dell’ “Otello” dalla parte di Desdemona con la regia di Gabriele Vacis, a Lucia Vasini con Lorenzo Lavia, Paolo Triestino e Carmen Di Marzo ne “Le Gratitudini” dal romanzo di Delphine de Vigan, una pièce poetica sulla riconoscenza e sulla solidarietà umana. Sbarcano sulla Riviera del Corallo anche Rosita Celentano e Attilio Fontana con l’algherese Stefano Artissunch (che firma la regia) ne “L’Illusione Coniugale”, maliziosa commedia di Éric Assous su amore e tradimenti, Enzo Decaro (esponente della nuova comicità napoletana, da La Smorfia con Massimo Troisi e Lello Arena) interpreta il commendator Gervasio Savastano in “Non è vero ma ci credo” di Peppino De Filippo e Veronica Pivetti ne “L’inferiorità mentale della donna” di Giovanna Gra incarna una moderna Mary Shelley tra (fanta)scienza e ironia, per dimostrare che l’unico vero Frankestein… è la Donna.
«Giunge alla 36esima edizione uno degli appuntamenti più amati che trovano casa nel nostro Teatro» – sottolinea l’assessora al Turismo, Sviluppo Economico e Attività Produttive del Comune di Alghero Ornella Piras –. «Un viaggio continuo capace di emozionare, coinvolgere, divertire gli spettatori di diverse fasce dì età. Tredici titoli in cartellone che in questa stagione riusciranno ancora ad offrire il meglio delle produzioni nazionali e che caratterizzano l’offerta culturale della città di Alghero».
«Si rinnova con un calendario ricco e lungo quattro mesi, da dicembre ad aprile, uno degli appuntamenti più attesi della stagione» – dichiara il presidente della Fondazione Alghero Graziano Porcu –: «prosa, danza e circo contemporaneo in una cornice autentica, unica ed emozionante come il Civico Teatro della città di Alghero. Con Cedac una collaborazione storica che si consolida, capace di offrire agli algheresi spettacoli di qualità con i più apprezzati artisti della scena contemporanea».
Ouverture con brio con i travolgenti Jashgawronsky Brothers, irresistibili clowns e musicisti in “ToyBoys”, un inedito concerto con i giocattoli nel segno del nouveau cirque, per il divertimento di grandi e piccini, l’umorismo sottile di Achille Campanile in “Campanilismi”, uno spettacolo di Elio Turno Arthemalle tratto da “Il povero Piero”, celebre commedia nera sull’ipocrisia della borghesia, per un sapido affresco della società. Omaggio a Enzo Moscato – uno dei maestri del teatro italiano del Novecento, recentemente scomparso – con “Kinder-Traum Seminar” (Seminario sui bambini in sogno), un Pensiero-Parola dedicato alla Memoria Collettiva dell’Olocausto, impreziosito dalle immagini sceniche di Mimmo Paladino, per ricordare le vittime della Shoah.
Focus sulla nuova drammaturgia con “Bidibibodibiboo”, scritto, diretto e interpretato da Francesco Alberici (Premio Ubu 2021 come Migliore attore/performer under 35) per una riflessione sul mondo del lavoro alle soglie del Terzo Millennio e sul ruolo dell’arte nella società e “Andromaca” da Euripide, uno spettacolo de I Sacchi di Sabbia e Massimiliano Civica che affronta il tema scottante e attuale delle conseguenze della guerra, sul confine tra farsa e tragedia, in un susseguirsi di colpi di scena, tra umane passioni e interventi degli dèi. Il dramma della follia e il potere catartico della verità in “Enrico IV / Una Commedia” dall’opera di Luigi Pirandello, nell’adattamento di Fabrizio Sinisi «che affida da subito al pubblico il segreto del dolore di vivere», con la regia di Giorgia Cerruti, in una moderna rilettura in cui emerge il rapporto con «il Tempo che fluisce incontenibile sui nostri pensieri e sulla nostra pelle».
Si rinnova anche l’appuntamento con la danza contemporanea, con “Dalla A alla Z” di Spellbound Contemporary Ballet & Compagnia Zappalà Danza, che accosta le creazioni di Mauro Astolfi e Roberto Zappalà, per un dialogo a distanza tra i due affermati coreografi, da cui emergono le rispettive poetiche e “K.I.nd of Human” dell’arcis_collective, con direzione artistica e coreografie di Roberta Pisu (per undici anni ballerina solista allo Staatstheater am Gärtnerplatz, al suo attivo numerose creazioni coreutiche) e colonna sonora di Leonhard Kuhn, eseguita dal vivo dall’Arcis Saxophon Quartett, per una riflessione su «la fragilità umana sotto la nuvola onnipresente dell’intelligenza artificiale».
Un ricco e intrigante programma per la Stagione di Prosa | Danza e Circo Contemporaneo di Alghero, che privilegia il linguaggio simbolico dell’arte per affrontare temi delicati e complessi come il femminicidio e la violenza sulle donne – da “Otello” a “Andromaca” (in cui l’eroina, vedova di Ettore e madre del piccolo Astianatte, è diventata parte del bottino di guerra dei greci dopo la caduta di Troia), ma anche un’indagine sulla condizione femminile ne “L’inferiorità mentale della donna”, che trae spunto dall’omonimo trattato di Paul Julius Moebius per scardinare attraverso l’ironia i pregiudizi e gli stereotipi della tradizione patriarcale.
La tragedia della Shoah, rievocata da Enzo Moscato in “Kinder-Traum Seminar”, riaffiora anche ne “Le Gratitudini” dove la protagonista, una ex correttrice di bozze di origine polacca, rammenta quando, bambina, venne sottratta ai campi di sterminio e alla follia nazista.
Si parla d’amore, fedeltà e tradimenti ne “L’Illusione Coniugale”, di ordinaria precarietà e sfruttamento dei lavoratori in “Bidibibodibiboo”, della necessità di salvaguardare le apparenze in “Campanilismi” in cui una scomparsa improvvisa crea infinite complicazioni, nel tentativo dei familiari di rispettare la volontà del defunto senza infrangere le convenienze e le regole sociali. Gli effetti della superstizione nell’esilarante “Non è vero ma ci credo” di Peppino De Filippo e le stravaganze ma anche la “libertà” della follia in “Enrico IV / Una Commedia” dove il protagonista, nella rilettura di Fabrizio Sinisi come nell’originale di Luigi Pirandello, si prende il gusto di mettere a nudo la verità.
Un tema attuale come il diffondersi dell’intelligenza artificiale in “K.I.nd of Human” della coreografa Roberta Pisu e arcis_collective, che cerca di cogliere il valore dell’identità individuale e il significato della vita al di là della tecnologia, mentre “Dalla A alla Z” mette in risalto la pluralità di linguaggi e stili delle moderne declinazioni d’arte di Tersicore. E ancora le giocose “trasgressioni” degli Jashgawronsky Brothers, che riscoprono l’aspetto ludico della musica, un linguaggio universale e senza barriere, mescolando classica e pop.
IL CARTELLONE
Il sipario si apre – sabato 14 dicembre alle 21 – sugli scatenati Jashgawronsky Brothers con “ToyBoys”, sorprendente saggio di fine anno di una Scuola di Musica dove gli allievi si cimentano con un vastissimo repertorio, dai capolavori dei grandi maestri alle canzoni dei Beatles… suonando con dei giocattoli. Tra classici e virtuosistici accenti e melodie pop, gli affiatati Brother Pavel (alias Paolo Rozzi), Brother Richard (Riccardo Pinato), Brother Francis (Francesco Cigana) e Brother Thomas (Tommaso Piron) propongono un insolito e coinvolgente concerto-spettacolo che intreccia le arti circensi, tra numeri di giocoleria e acrobazie, insieme con la comicità irresistibile dei clowns e la musica, con un’antologia di pagine celeberrime, in un vertiginoso susseguirsi di invenzioni e gags. Riflettori puntati sugli irresistibili Jashgawronsky Brothers che, reduci da tournées internazionali, oltre alle numerose apparizioni sulla ribalta televisiva – da Zelig a Il Circo di Raitre, Music Quiz e Italia’s Got Talent – e alla partecipazione a festivals e rassegne, propongono una inedita performance con «topolini parlanti, fattorie sonore, sonagli, trombette, bamboline, pupazzi, ukulele, flautini, chitarrine e tastierine»… nel segno del nouveau cirque. «Immaginate i Beatles alla scuola elementare o i Queen all’asilo dopo aver svaligiato un negozio di giocattoli!».
Una riflessione sull’amore e sul matrimonio – mercoledì 8 gennaio alle 21 – con “L’Illusione Coniugale” di Éric Assous, nella traduzione di Giulia Serafini: una brillante e maliziosa commedia sulle umane passioni, nella mise en scène di Synergie Arte Teatro con la regia di Stefano Artissunch, anche protagonista insieme con Rosita Celentano e Attilio Fontana di un ipotetico e pericoloso “triangolo” sentimentale. Focus sui delicati equilibri e le complicate dinamiche della vita di coppia con la divertente e maliziosa commedia dell’affermato drammaturgo, regista e sceneggiatore francese (Premio Molière e Grand Prix du Théâtre de l’Académie Française). In uno slancio di sincerità, Giovanna e Massimo decidono di confessarsi le rispettive infedeltà ma mentre lei sembra accogliere con nonchalance le molteplici avventure del marito, la scoperta dell’unico tradimento della moglie risveglia in lui un’improvvisa e bruciante gelosia. I suoi sospetti ricadono su Claudio, un amico di famiglia, quindi un innocente incontro diventa l’occasione per mettere alla prova la solidità dei rapporti: l’ospite ignaro «si trova così inconsapevole al centro dell’attenzione e la sua presenza crea ulteriori tensioni e divertenti malintesi», in un comico crescendo con un susseguirsi di colpi di scena, tra maliziose allusioni, equivoci e inattese rivelazioni.
Una tragedia elisabettiana riletta con sensibilità contemporanea – venerdì 17 gennaio alle 21 – con “Otello / di precise parole si vive” dal capolavoro di Willam Shakespeare, con drammaturgia di Lella Costa e Gabriele Vacis, scenofonia di Roberto Tarasco e scenografie di Lucio Diana, con un’intensa Lella Costa che indaga il significato letterale e simbolico di una vicenda di inquietante attualità, per la regia di Gabriele Vacis (produzione Teatro Carcano – distribuzione Mismaonda). «Guardatevi dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre» afferma Jago, il cattivo consigliere che instilla il sospetto nella mente e nel cuore del Moro facendo leva sulle insicurezze e le paure di un uomo innamorato. Una «trama folgorante» – sottolinea Lella Costa – «il cui riassunto potrebbe sembrare una notizia di cronaca di oggi: un lavoratore straniero altamente qualificato, un matrimonio misto, una manipolazione meschina e abilissima, un uso doloso e spregiudicato del linguaggio, un femminicidio con successivo suicidio del colpevole». “Otello” rimanda alla cultura patriarcale, che giustifica il “delitto d’onore”, ma è invece essenziale comprendere, come ricorda Gabriele Vacis, più che il dramma di un assassino, «la tragedia vera di Desdemona, che si annida nel profondo delle anime».
Ironia in scena – venerdì 24 gennaio alle 21 – con “Campanilismi”, uno spettacolo di Elio Turno Arthemalle liberamente tratto da “Il povero Piero” di Achille Campanile, una commedia nera sulle regole e le convenzioni della società, con Alessio Arippa, Valentina Fadda, Gabriele Peirani, Valentino Pili, Chiara Porcu e Angelo Trofa e la partecipazione di Elio Turno Arthemalle (produzione Teatro Impossibile). La divertente pièce mette l’accento sull’ipocrisia e sulla futilità dei riti mondani che fanno da corollario all’improvvisa scomparsa del personaggio del titolo, tra la necessità di rispettare la volontà del defunto di non annunciarne la morte se non dopo il funerale e l’inevitabile diffondersi della notizia tra parenti, amici e conoscenti, in un susseguirsi di equivoci e imbarazzanti rivelazioni, mentre affiorano passioni e conflitti, in un colorato affresco di varia umanità. «E’ probabile che Campanile oggi non sia solo attuale, ma necessario» – sottolinea l’attore e regista Elio Turno Arthemalle –. «Tutto l’armamentario di convenzioni borghesi, ipocrisie, piccole carognate vili oggetto della sua irrisione, e che a considerarle solo qualche decennio fa sembravano consegnate alla preistoria del costume, per qualche misteriosa ragione e per impreviste vie, tornano a condizionare i nostri comportamenti».
Storie di ordinaria precarietà nel terzo millennio – venerdì 31 gennaio alle 21 – con “Bidibibodibiboo”, uno spettacolo scritto, diretto e interpretato da Francesco Alberici (Premio Ubu 2021 come Miglior Attore/Performer under 35 e protagonista della serie web Educazione Cinica), in scena con Maria Ariis, Salvatore Aronica, Andrea Narsi e Daniele Turconi, aiuto regia Ermelinda Nasuto, scenografie di Alessandro Ratti, disegno luci di Daniele Passeri (coproduzione SCARTI / Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione – CSS / Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia – Teatro Stabile di Bolzano – Piccolo Teatro di Milano / Teatro d’Europa, con il sostegno de La Corte Ospitale). Un dramma moderno sul mondo del lavoro, tra i paradossi e gli eccessi di un sistema capitalistico che esige risultati sempre migliori, con traguardi impossibili e una riflessione sul ruolo dell’arte come rappresentazione del reale: “Bidibibodibiboo” (già finalista al Premio Riccione e tra i candidati al Premio Ubu 2025) con un titolo che rimanda a un’opera emblematica di Maurizio Cattelan, descrive il meccanismo infernale che stritola i dipendenti, condannati a un inevitabile fallimento. In scena due fratelli, uno impiegato in una grande multinazionale, l’altro, autore teatrale, testimone della tragedia, in una pièce che fotografa il disagio di una generazione senza certezze né prospettive per il futuro.
Focus sulla danza contemporanea – giovedì 6 febbraio alle 21 – con “Dalla A alla Z”, originale co-produzione di Spellbound Contemporary Ballet & Compagnia Zappalà Danza con coreografie di Mauro Astolfi e Roberto Zappalà: un ideale dialogo tra i due artisti, che «si incontrano su un terreno creativo comune, dando vita a un confronto tra due poetiche diverse ma complementari». In programma due creazioni di Mauro Astolfi, “If you were a man” e “A Better Place”, con Filippo Arlenghi, Lorenzo Beneventano, Anita Bonavida, Alessandro Piergentili e Roberto Pontieri, disegno luci di Marco Policastro e costumi di Anna Coluccia, su una variegata colonna sonora e due lavori di Roberto Zappalà (che firma coreografie, luci e costumi), “2×2” e “Brotherhood”, con musiche di Johann Sebastian Bach e Johannes Brahms, interpretati da Filippo Domini, Anna Forzutti, Silvia Rossi e Erik Zarcone. «Il progetto nasce dal desiderio di esplorare nuovi linguaggi espressivi e dalla volontà di costruire una relazione artistica che vada oltre le singole capacità tecniche, mettendo al centro la collaborazione e la ricerca di una nuova ispirazione». “Dalla A alla Z” rappresenta l’occasione per apprezzare le differenti cifre stilistiche e la poetica di due tra i più importanti autori della scena coreutica italiana.
Un poetico e commovente inno alla vita – giovedì 20 febbraio alle 21 – con “Le Gratitudini”, dal romanzo di Delphine de Vigan, con adattamento e regia di Paolo Triestino, con un’intensa Lucia Vasini nel ruolo della protagonista, Michka, un’anziana correttrice di bozze che prima di “perdere le parole” vorrebbe ringraziare chi le ha salvato la vita, accanto a Lorenzo Lavia, Paolo Triestino e Carmen Di Marzo, con scenografia di Francesco Montanaro, costumi di Lucrezia Farinella, disegno luci di Alessandro Nigro e musiche originali di Massimiliano Gagliardi, movimenti coreografici a cura di Erika Puddu (produzione a.ArtistiAssociati / Centro di Produzione Teatrale). Una donna dall’animo mite e gentile, assistita da Marie, la figlia di una vicina di cui si era presa cura quando era piccola compensando le distrazioni e l’inadeguatezza di una madre assente e da un giovane ortofonista, rievoca la propria infanzia nei giorni della Shoah: la pièce teatrale racconta una storia struggente e emblematica ma anche piena di speranza, in cui trovano posto la tenerezza e l’affetto, e il sentimento raro e prezioso della gratitudine. Il desiderio di Michka di poter dire grazie alla famiglia che l’ha accolta, bambina, in tempi difficili e pericolosi, diventa il simbolo di un’umanità che reagisce di fronte all’orrore e resiste anche in un’epoca di barbarie.
Tra mito e attualità – giovedì 13 marzo alle 21 – con “Andromaca” da Euripide, uno spettacolo de I Sacchi di Sabbia e Massimiliano Civica, con Gabriele Carli, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri, Enzo Iliano (produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi, in co-produzione con I Sacchi di Sabbia): una rilettura contemporanea dell’antica tragedia che mette l’accento sulle conseguenze della guerra come sui conflitti familiari e i giochi di potere. La pièce racconta la vicenda di Andromaca, vedova di Ettore e madre del piccolo Astianatte (barbaramente assassinato dai vincitori dopo la conquista di Troia), prigioniera di guerra, divenuta schiava e concubina di Neottolemo, re dell’Epiro, figlio dell’eroe Achille e sposo di Ermione, figlia della bella Elena e di Menelao. La principessa troiana, che da Neottolemo ha avuto un figlio, Molosso, a causa della gelosia di Ermione che minaccia di ucciderla durante l’assenza del re è costretta a allontanarsi dalla reggia per cercare rifugio presso l’altare di Teti (la Nereide madre di Achille) e qui sopraggiungono gli altri personaggi del mito, come Menelao, accorso a fianco della regina “tradita” e Peleo, che vuol difendere la nuora e il nipote. Al culmine del pathos, la notizia della morte di Neottolemo scompiglia ancora le carte, in un dramma con temi e ritmi quasi da pochade, dove emergono gli aspetti grotteschi sul sottile confine tra farsa e tragedia.
Una struggente e poetica narrazione sulla tragedia della Shoah – domenica 23 marzo alle 21 – con “Kinder-Traum Seminar” (Seminario sui bambini in sogno), un Pensiero-Parola dedicato alla Memoria Collettiva dell’Olocausto firmato da Enzo Moscato, figura di spicco del teatro italiano del Novecento e impreziosito dalle immagini sceniche di Mimmo Paladino, nell’interpretazione di Cristina Donadio, Vincenza Modica e Giuseppe Affinito (produzione Compagnia Teatrale Enzo Moscato / Casa del Contemporaneo). Un’opera corale che affida alle voci di intellettuali e artisti come Janusz Korczak, Tadeusz Kantor, Etty Hillesum, Primo Levi e Elie Wiesel, Gitta Sereny, Tzvetan Todorov e Mary Berg, Bruno Bettelheim, Robert Antelme, Edith Stein, Paul Celan e Marina Cvetaeva la ricostruzione di una delle pagine più cupe della Storia del Novecento. Una rievocazione immaginifica, che trascende la nuda cronaca dei fatti, dall’avvento del nazismo alle persecuzioni e deportazioni contro gli ebrei e alcune minoranze etniche e contro gli oppositori del regime, fino all’orrore dei lager, per privilegiare una dimensione simbolica, per «rafforzarne maggiormente – e in modo non banalmente contingente ma in senso trans-temporale e trans-soggettivo – l’ineliminabile incidenza nella nostra vita quotidiana». Un’opera necessaria, lirica e struggente, per ritrovare l’innocenza e la purezza dello sguardo dell’infanzia. E per non dimenticare.
Un vivido affresco della società – domenica 30 marzo alle 21 – con “Non è vero ma ci credo”, esilarante commedia di Peppino De Filippo con Enzo Decaro e con (in o.a.) Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Carmen Landolfi, Massimo Pagano, Gina Perna, Giorgio Pinto, Ciro Ruoppo, Fabiana Russo e Ingrid Sansone, scene di Luigi Ferrigno, costumi di Chicca Ruocco e disegno luci di Pietro Sperduti, per la regia di Leo Muscato (produzione I Due della Città del Sole). Una pièce brillante incentrata sulla figura di Gervasio Savastano, ricco e avaro imprenditore che «vive nel perenne incubo di essere vittima della iettatura»: nel ruolo interpretato da Peppino De Filippo, Enzo Decaro incarna una maschera contemporanea, una figura tragicomica e grottesca in cui si intrecciano avidità e ambizione e consapevolezza della propria fragilità e della volubilità della fortuna. Il commendatore, vittima della sua ossessione, compie azioni sconsiderate licenziando e assumendo gli impiegati non in base alle loro capacità ma a vaghi timori e intuizioni dettati dalla superstizione e perfino progettando le nozze della figlia con un uomo dotato di una provvidenziale gobba, sullo sfondo di una Napoli surreale, non più degli Anni Trenta ma degli Anni Ottanta, tra icone come Mario Merola, Pino Daniele e Diego Maradona.
Viaggio nell’universo femminile tra scienza e ironia – domenica 6 aprile alle 21 – con “L’inferiorità mentale della donna” di Giovanna Gra, uno spettacolo liberamente ispirato al celebre trattato di Paul Julius Moebius, con la verve e il talento di Veronica Pivetti, in scena con il musicista Anselmo Luisi, con la colonna sonora e gli arrangiamenti musicali di Alessandro Nidi, i costumi di Nicolao Atelier Venezia e il disegno luci di Eva Bruno, per la regia di Gra&Mramor (produzione a.ArtistiAssociati in collaborazione con Pigra srl). Riflettori puntati sull’eclettica attrice, doppiatrice e conduttrice milanese, volto noto del grande e del piccolo schermo, che come una novella Mary Shelley si confronta con bizzarre teorie e singolari esperimenti, e narra le gesta di famose criminali, da Agrippina a Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio, fino a scoprire l’unico e vero Frankestein è la Donna. Nella pièce si affrontano i fondamenti del pensiero reazionario e patriarcale, dal saggio del titolo alle tesi di Cesare Lombroso, in una curiosa antologia che potrebbe suonare come una parodia ma riflette invece una visione del mondo. Tra storie e canzoni, Veronica Pivetti mette in luce i presupposti ideologici che giustificherebbero la sottomissione delle donne, in contrasto con i successi di artiste e intellettuali, letterate e scienziate, filosofe e attiviste e con le plurisecolari lotte per l’emancipazione e la parità.
Un classico del Novecento – giovedì 10 aprile alle 21 – con “Enrico IV / una commedia” dal capolavoro di Luigi Pirandello, nell’adattamento di Fabrizio Sinisi, con Davide Giglio, Luca Serra Busnengo, Giulia Eugeni e Giorgia Cerruti, con disegno luci e consulenza scenotecnica di Lucio Diana, sound design e fonica di Guglielmo Diana, per la regia di Giorgia Cerruti (produzione Piccola Compagnia della Magnolia – CTB / Centro Teatrale Bresciano – OperaEstate – Creazione 2023_Progetto Vulnerabili 22.24). Una inedita versione di «un’opera nera» – come sottolinea la regista – venata da un cupo umorismo «che pulsa sotterraneo e che scompone le apparenze, che individua il “contrario” delle cose, per rispondere a un bisogno di cogliere le contraddizioni della realtà», in cui emergono pensieri e stati d’animo, tra il ricordo di un amore giovanile e i molteplici inganni e tradimenti, in una storia intricata e ricca di colpi di scena, in bilico tra farsa e tragedia, normalità e follia. «Un ardito adattamento che affida da subito al pubblico il segreto del dolore di vivere» – rivela Giorgia Cerruti – «assumendo la pazzia consapevole come arma di smascheramento del mondo, dove il personaggio “senza nome” che si fa chiamare Enrico IV diventa un osservatore, dall’interno di una gabbia, di un universo crepuscolare, un uomo invisibile per gli altri nella sua vera natura».
Focus sul rapporto con le nuove tecnologie e l’avvento dell’intelligenza artificiale – lunedì 14 aprile alle 21 – con “K.I.nd of Human” dell’arcis_collective, con direzione artistica e coreografie di Roberta Pisu, nell’interpretazione di Fabio Calvisi, Vittoria Franchina, Elisabet Morera Nadal e Cristian Cucco e con la colonna sonora originale di Leonhard Kuhn eseguita dall’Arcis Saxophon Quartett, con disegno luci di Michael Heidinger, costumi di Bregje van Balen (assistente costumi Lucia Zettl – suono Diana Hütter), riprese di Florian Leuschner e Georg Stirnweiß, video di Alfonso Fernández Sánchez, foto di scena di Georg Stirnweiß (produzione arcis_collective). “K.I.nd of Human” mette l’accento sulla «fragilità umana» in un’epoca dominata dalla presenza sempre più invadente delle macchine, dove il mito del progresso e l’uso delle nuove tecnologie si diffondono in ogni aspetto della vita quotidiana. Il linguaggio della danza contemporanea, tra geometrie di corpi in movimento, si intreccia alla musica per esplorare le nuove frontiere della percezione e interrogarsi sul destino dell’umanità e sul significato profondo dell’esistenza, sull’unicità e irripetibilità di ciascun individuo, tra intuizioni e decisioni giuste o sbagliate, ragionate o impulsive, ma anche la capacità di cogliere e vivere istanti di pura bellezza come «il sorriso solo perché splende il sole» e il dono dell’empatia.