Julio César Uribe peruviano classe 1958, centrocampista offensivo, fu un vero e proprio colpo di mercato a sensazione maturato dopo i mondiali del 1982.
In quell’anno avvenne infatti il trasferimento in Italia, nel Cagliari arrivò con l’etichetta del campione, in patria era considerato un grande fuoriclasse acclamato come nuovo talento del calcio mondiale.
Era infatti considerato, nella scala dei valori del tempo, tra i tre numero 10 più forti del Sud America.
Un campione capace persino di insidiare i fuoriclasse sudamericani Maradona e Zico.
I mass media italiani celebrarono il gran colpo con grande enfasi, il Cagliari lo soffiò alla Roma di Liedholm grazie a Gigi Riva in persona che convinse il peruviano ad accettare la proposta dei sardi volando appositamente in Perù per incontrarlo.
Prima di partire per l’Italia insieme a Riva, Uribe andò a lezione di italiano per tre settimane, un ragazzo molto intelligente che imparò anche l’inglese alla vigilia dei campionati del mondo
Soprannominato il “diamante nero”, nel club dello Sporting Cristal, dove debuttò nella massima divisione peruviana nel 1975, vinse il titolo nel 1979 e nel 1980, fu un vero trascinatore oltre ad essere il creatore della giocata “la cuchara”.
Nella stagione calcistica 1982-83 il suo approdo al Cagliari, dove il primo anno collezionò 20 presenze realizzando due reti nella stagione in cui il Cagliari retrocesse in Serie B.
L’anno successivo totalizzò 31 presenze segnando 4 gol. Nella stagione 1984-85, l’ultima in Italia, giocò solo 18 gare andando in gol 3 volte.
L’esperienza in rossoblù fu contrastante: amato dal pubblico che lo acclamava ogni qualvolta si impossessava del pallone, bersagliato dalla critica, non sempre andava d’accordo con gli allenatori.
Un curioso episodio in questo senso accadde durante una gara di campionato contro il Pisa: dopo essere stato sostituito da Gustavo Giagnoni non andò a sedersi in panchina ma in tribuna vicino al contestato presidente dell’epoca Alvaro Amarugi.
Scoppiò così il primo caso Uribe e la contestazione contro l’allenatore sardo.
L’anno seguente dopo la retrocessione in serie B ed il tentativo non riuscito da parte del patron Amarugi di tentare di cedere il suo pezzo pregiato, arrivò mister Tiddia. Un’altra stagione sofferta, con l’ incubo della retrocessione fino all’ ultimo minuto della ultima giornata di campionato.
Successivamente ancora una conferma poi nel Cagliari di Veneranda, le cinque sconfitte iniziali coinvolgono Uribe nel crollo del Cagliari. Veneranda venne perciò licenziato, arrivò Ulivieri e anche la prima vittoria contro il Bari capolista. Uribe segnò un gran gol, pubblico e stampa una volta tanto furono d’accordo nel giudicare positivamente il peruviano.
Un infortunio però fermò Uribe sul più bello, Ulivieri cambiò assetto tattico e Uribe al rientro finì prima in panchina, quindi in tribuna. Da qui la decisione di fuggire dal ritiro e successivamente arrivò la rescissione del contratto di fronte al nuovo presidente Moi.
Fu la fine della sua avventura in Italia dove non si ambientò anche per colpa del gioco troppo violento.
“Calcio sì violenza no” fu il suo ultimo slogan, il centrocampista soffrì tantissimo l’aggressività del calcio italiano anche se il suo gioco risultò essere troppo lento e compassato.
Uribe regalò solo un paio di perle nei suoi tre anni in Italia, specie da calcio piazzato, per il resto rimase un fuoriclasse inespresso.
La sua carriera da calciatore proseguì in Messico e Colombia sino a ritornare al club che in cui esordì, lo Sporting Cristal. Abbandonò il calcio giocato nell’anno 1991.
In Nazionale indossò la maglia del Perù per la prima volta nel 1979.
Partecipò al campionato del mondo in Spagna del 1982 vinto dagli azzurri giocando tutti e tre gli incontri della prima fase.
Protagonista nei pareggi iniziali contro Camerun (0-0) e contro l’Italia di Bearzot, suo grande estimatore (1-1) e infine presente anche nella decisiva sconfitta contro la Polonia (5-1): questa è infatti l’unica partita del gruppo che non terminò con la divisione della posta condannando i sudamericani all’ultimo posto e la conseguente eliminazione.
Alla fine con la maglia del Perù metterà insieme 39 presenze e 9 gol.
Terminata la carriera di calciatore iniziò quella di allenatore, guidando anche la nazionale peruviana tra il 2000 e il 2002.
Da allenatore vinse un campionato peruviano ed un Coppa delle Coppe Concacaf.