La campagna TheScienceIsClear è iniziata in tutto il mondo, con più di trenta paesi coinvolti e migliaia di scienziati dove chi chiede un impegno sul clima.
Il manifesto origina dalla collaborazione tra studenti, cultori e professionisti della scienza che operano in vari settori della ricerca e dell’accademia universitaria. Dalle scienze dure a quelle sociali e umanistiche, condividiamo la stessa constatazione: per decenni, i governi hanno fallito nel mettere in atto politiche commisurate all’entità, urgenza e gravità delle crisi del clima, dell’energia e della biodiversità.
Alla luce dei molteplici limiti planetari già superati o a rischio di superamento, le minacce alla vita sul pianeta aumentano di giorno in giorno. La comunità scientifica, formalmente rappresentata da l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) e da l’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), ha ripetutamente indicato un peggioramento dello stato di salute del pianeta. Lo stesso IPCC ha concluso che la significativa alterazione del clima causata dagli esseri umani è un fatto incontrovertibile [3]. L’ultimo rapporto dell’IPCC insieme all’Emission Gap Report mostrano inoltre come le attuali politiche climatiche non siano in grado di mantenere il riscaldamento entro 1.5°C di aumento della temperatura media. Il superamento di tale soglia potrebbe innescare molteplici punti critici geobiofisici di non ritorno.
“Abbiamo assistito ad almeno 15.000 morti legate alle ondate di calore In Europa. Il 28% del territorio italiano presenta «evidenti segni» di degrado e desertificazione [8]. Stiamo vivendo la sesta estinzione di massa della biodiversità [9], che amplifica il degrado del suolo. Questi fenomeni contribuiscono, insieme agli eventi meteorologici estremi, alla perdita dei raccolti. Il 2021 e 2022 sono stati dichiarati dal World Wildlife Fund anni neri dell’agricoltura italiana. Inoltre, il degrado degli ecosistemi è connesso all’aumento dei rischi di pandemie”, affermano gli scienziati per il clima.
“Il sesto rapporto dell’IPCC è chiarissimo: i cambiamenti nei comportamenti individuali non sono sufficienti a garantire la decarbonizzazione, ma occorre una profonda e rapida trasformazione strutturale della società e del nostro sistema economico. Nel realizzare tale trasformazione sistemica, l’IPCC sottolinea la necessità di tutelare i gruppi sociali più vulnerabili. L’emergenza eco-climatica, infatti, colpirà sempre di più proprio donne, bambini e persone fragili o marginalizzate delle aree geografiche che più subiscono gli effetti catastrofici della crisi planetaria, ma che paradossalmente meno hanno contribuito alle emissioni globali.
L’attivismo eco-climatico risulta perciò legato indissolubilmente a questioni di giustizia sociale. Non agire per la tutela del pianeta equivale a minare i fondamenti stessi della civiltà.
Scientist Rebellion vuole mobilitare accademici e scienziati per agire a vari livelli di resistenza, con particolare enfasi sulle azioni di resistenza civile nonviolenta che catalizzino l’attenzione della comunità scientifica e sulla comunità scientifica. Proponiamo questo cambio di paradigma e di strategia per ragioni logiche ed empiriche.
Ci siamo chiesti se proprio coloro che conoscono meglio lo stato di emergenza planetario continuano ad agire come se nulla fosse, chi altri dovrebbe rispondere all’urgenza della situazione? Solo se anche noi scienziati useremo la nostra reputazione e il prestigio di cui godiamo per mettere a nudo le bugie e l’inazione delle nostre istituzioni, potremo sperare di accelerare il progresso verso gli obiettivi di mitigazione e adattamento illustrati da IPCC e IPBES.
Attraverso la mobilitazione della comunità scientifica, miriamo a costruire consenso collettivo per un processo di decarbonizzazione volto a limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi Celsius.
L’IPCC afferma che per ottenere un pianeta in cui la nostra presenza sia sostenibile siano necessari cambiamenti fondamentali nel funzionamento dei modelli di società. Tra questi spicca la necessità di cambiare il nostro modo di produrre e consumare beni, e più in generale, il nostro modo di concepire il sistema economico. La storia ci dirà quale ne diventerà la forma, ma siamo certi che dovrà finalmente integrare l’idea che non è possibile una crescita economica indefinita su un pianeta finito, dalle risorse limitate.
Come l’IPCC, crediamo che la soluzione per la transizione non stia esclusivamente nell’impiego di soluzioni tecniche, ma passi necessariamente attraverso politiche di protezione e rigenerazione degli ecosistemi e da una radicale trasformazione sociale. Come l’IPCC, crediamo che interrompere i flussi di denaro pubblico verso le fonti fossili, ridurre la domanda energetica attraverso l’efficientamento energetico, sviluppare l’elettrificazione basata su energie rinnovabili, siano la strada maestra per la decarbonizzazione. Sentiamo doveroso sottolineare che l’adeguamento degli stili di vita dei singoli cittadini debba essere guidato dall’esempio delle classi agiate che più contribuiscono alle emissioni, consumi, e inquinamento. Nei paesi ad alto consumo come l’Italia, non possiamo permetterci il lusso di scegliere tra il cambiamento del sistema o il cambiamento dello stile di vita: ora abbiamo bisogno di entrambi. Diverse analisi hanno mostrato come a livello globale, il contributo alle emissioni clima-alteranti dell’1% dei cittadini con reddito più alto è maggiore delle emissioni totali di almeno il 50% dei cittadini più poveri”, conclude l’appello di Scientist Rebellion.