Le sale operatori del Busonco non devono chiudere.
Il progetto di riordino dell’ospedale, con lo spostamento di alcuni reparti, ideato dall?Arna Brotzu per avviare la riqualificazione dell’ospedale cagliaritano specializzato in cura e terapie dei tumori non piace alle associazioni Socialismo Diritti Riforme Odv, Fidapa Cagliari, Komunque donne, Lilt, Cittadinanzattiva, Maipiusole contro il tumore, Salute donna, Sinergia femminile e al Garante metropolitano persone private della libertà che hanno incontrato il presidente del Consiglio regionale Piero Comandini che ha preso l’impegno “affinché la Commissione Salute, a cui era stata richiesta un’audizione il 22 ottobre scorso, senta al più presto possibile le 9 associazioni” “Il Businco ha una storia di avanguardia nella senologia, nella ginecologia e nella terapia del dolore.
Non può essere sacrificata per scopi non del tutto chiari. Riteniamo che le decisioni dell’Arnas Brotzu non possano essere unilaterali – spiegano in una nota – Chiediamo il congelamento del progetto e non escludiamo di promuovere una manifestazione pubblica e di inviare un’informativa alla Procura della Repubblica. Sosteniamo la necessità che venga promossa una conferenza regionale con personale sanitario e pazienti affinché venga riconosciuta e riaffermata l’autorevolezza dell’ospedale in crisi a causa di scelte sciagurate delle direzioni che hanno favorito la fuga di molti specialisti e la sanità privata”.
“L’annunciata chiusura delle sale operatorie del Businco – hanno sottolineato- per una pur necessaria ristrutturazione, non può essere fatta trascurando la realtà. Le pazienti non sono disposte per i prossimi 2/3 anni a vivere nell’incertezza e ad accettare un piano che più che riorganizzare e ammodernare il Businc” sembra preludere alla sua definitiva chiusura. Per chi aspira a cure mediche di qualità si profila un lungo periodo di emigrazione sanitaria e chi non ha i mezzi per affrontare le spese dovrà rassegnarsi al peggio”.
“Il trasferimento della Chirurgia Toracica, di quella Ginecologica e, di fatto, la cancellazione della sala operatoria destinata alla Terapia del Dolore, comprometteranno il sistema delle cure del nosocomio, considerato un presidio insostituibile – osservano le 9 associazioni – Insomma le problematiche delle sale operatorie, nonostante le rassicurazioni dei dirigenti, non riguardano solo i sanitari, investono pesantemente chi convive quotidianamente con un tumore e chi ha bisogno di essere presa in carico con le garanzie del rispetto dei livelli essenziali di assistenza e alla appropriatezza delle cure. Se oggi, com’è emerso, lo standard per l’intervento al seno è di 70 giorni nelle prossime settimane è destinato sicuramente a crescere con gravissime conseguenze”.