A Sassari, la Dottoressa Adami ha assolto altri due pastori, per i blocchi stradali relativi allo sciopero dei pastori sul prezzo del latte.
Come professionista difendevo uno di questi e l’altro era difeso da un gran galantuomo ed un bravissimo avvocato quale è Mario Pittalis.
Sicuramente sono contento in primis per i due ragazzi e per l’intero comparto che, scioperavano, per vedersi riconosciuti i propri diritti ad ottenere un equo compenso per il duro lavoro che i nostri pastori ogni giorno fanno. Tale soddisfazione professionale, purtroppo, non ha coinciso con quella personale sul riconoscimento del mio lavoro e del mio ruolo di avvocato. Da anni ho sposato le mie battaglie sociali con quelle professionali, con due temi centrali: i problemi dell’ agricoltura e della pastorizia ed il problema del sovraindebitamento delle aziende e del cancro delle aste immobiliari.
Su questa battaglia ogni giorno mi scontro con due tipologie di realtà: una normativa sostanziale e processuale totalmente sbilanciata a favore del creditore (mi domando, se in Italia esista davvero un diritto del debitore, cosa di cui sempre più dubito) e l’atteggiamento di clienti pronti a portarti dalle stelle alle stelle, sulle base delle loro convenienze umorali. Con qualche differenza, la stessa cosa vale anche per il mondo delle campagne. La cosa che più mi fa male, in tanti anni di professione, è che la gente non premia la qualità del lavoro, ma i messaggi populisti di qualche collega, forse, più bravo di me ad usare i social. In tanti anni di professione credo di aver visto tutto: colleghi arricchirsi speculando, bene usando i social, come sciaccalli, su una disgrazia quale il Covid, vendendo risultati inesistenti, ma osannati da potenziali clienti populisti, tutti laureati in legge su google.
Ho visto tributaristi, con titoli più o meno presunti, fare i commercialisti, gli avvocati, i periti ( e forse anche i ginecologi), con un seguito di tanti clienti, solo perché più bravi a comunicare o meglio ad affabulare e che spesso, guadagnano, più di uno di quei professionisti a cui abusivamente si sostituiscono.
Ormai preparazione culturale e professionale è un optional, chi ha la terza media, ha titolo quanto chi si è sudato una laurea. Davanti a questo quadro, sempre più degradante e frustrante mi domando: sotto il profilo sociale: mi conviene continuare a fare battaglie per soggetti che ti girano le spalle in base a come gira il vento e sotto il profilo professionale mi conviene continuare una professione dove i tuoi studi e la tua cultura non vengono capiti? La tentazione di mollare, come tanti altri colleghi è davvero tanta. Certamente l’umiliazione quotidiana del confronto con clienti che ti pagano male e pretendono di saperne anche più di te è tanta, ma è anche tanto il rispetto verso quei pochi clienti ed amici che valorizzano il tuo lavoro e le tue competenze. Per questi ultimi proverò a stringere i denti, ancora per un po, eliminando chi non merita la mia competenza ed auspicando che quella cultura, quelli studi quotidiani trovino il giusto riconoscimento. In caso contrario, come tanti colleghi (ma davvero tanti in questi anni) cercherò altre soluzioni lavorative, capaci, di rendermi quell’entusiasmo e quel sorriso, perso da un anno a questa parte.
Avv. Alberto Appeddu (Libero pensatore sardo)