Becciu, voglio gridare al mondo la mia innocenza

“Essere condannati non è bello, sono rimasto costernato e ho sentito su di me il peso di me stesso, della mia famiglia e anche della Chiesa, un cardinale ad essere condannato”.

Lo ha detto il card. Angelo Becciu a ‘Cinque minuti’, la trasmissione di Bruno Vespa che andrà in onda stasera su Rai 1. Alla domanda se il Papa creda nella sua innocenza, Becciu ha risposto: “Io credo di sì e spero di sì. E comunque io mi darò da fare, è certo, per dimostrare la mia innocenza. Nelle istanze giuridiche e in tutte le maniere io voglio gridare al mondo che sono innocente, che non ho fatto assolutamente questi reati di cui vengo accusato”.

IL CASO DEL PALAZZO DI LONDRA – Comprare palazzi è nella tradizione della Santa Sede: lo ha detto il cardinale Angelo Becciu a ‘Cinque minuti’, la trasmissione di Bruno Vespa che andrà in onda stasera su Rai 1. “Lei chiame speculative – dice Becciu rivolto a Vespa che ha fatto una domanda su quelle operazioni immobiliari – ma questo era nella tradizione della Santa Sede. Già dal 1929 la Santa Sede, dopo i Patti Lateranensi, ha iniziato a investire sui palazzi, Londra, Parigi, Roma, è una tradizione che la Santa Sede ha avuto”. Poi Becciu ha spiegato che responsabile dei dossier era il capo dell’ufficio amministrazione , non lui. “Non sono io che ho scelto. Io, da Sostituto, sa quanti uffici dovevo seguire? Diciassette uffici. Io non avevo tempo di seguire passo per passo le questioni economico-finanziarie. C’è un ufficio, l’ufficio amministrativo, che si occupava delle questioni amministrative e anche degli investimenti. Quindi da noi si dice: si prepara un appunto, cioè un dossier. Il capo ufficio, che è il vero responsabile della amministrazione, a quei tempi era monsignor Perlasca, mi presentava i vari dossier. Tra questi il dossier sulla opportunità di investire in un palazzo”. Poi ha tenuto a precisare che nella operazione del palazzo di Londra erano previsti “quattro momenti: investimento, poi uscita dal fondo, perché era un investimento a tempo, acquisto dell’immobile e poi la gestione dell’immobile e vendita dell’immobile. Io ero presente solo al momento dell’investimento. Le altre operazioni io non c’ero più”. E alla domanda se fosse stato non “prudente” investire i soldi in questo modo, Becciu ha replicato: “erano i miei tecnici che mi dicevano che era possibile farlo, che ne veniva fuori un grande vantaggio per la Santa Sede, non mi presentavano grossi rischi, inoltre la persona era garantita dalla stessa banca”.

IL PAGAMENTO DEL RISCATTO PER LA SUORA RAPITA – Il Papa era d’accordo sullo stanziamento di 570mila euro per liberare una suora che era stata rapita: lo dice il cardinale Angelo Becciu parlando dei 570mila che sono stati dati a Cecilia Marogna, che poi lei ha speso per beni personali di lusso. “Questo non lo sapevo assolutamente e se avessi saputo non l’avrei permesso. Questi soldi dovevano essere destinati solo all’operazione di liberazione della suora”, ha detto Becciu a ‘Cinque minuti’ la trasmissione di Bruno Vespa che andrà in onda questa sera su Rai 1. “Con il Papa eravamo d’accordo di finanziare questa operazione. Quindi quei soldi dovevano servire solo per questo. Se qualcosa è andato storto lo deve scoprire chi lo deve scoprire”, ha aggiunto il card. Becciu.

I FONDI ALLA CARITAS DI OZIERI – “I 100mila euro sono ancora lì nel conto della Caritas. Io ho inviato prima 25mila, su richiesta del vescovo di allora, monsignor Sanguinetti, al fondo Caritas, e poi 100mila nel 2018 al fondo Caritas. E’ il vescovo che decide dove utilizzarli. Finora quei 100mila non sono ancora stati utilizzati”. Lo ha detto il cardinale Angelo Becciu a ‘Cinque minuti’ la trasmissione di Bruno Vespa che andrà in onda stasera sui Rai 1, parlando delle somme destinate alle diocesi sarda per la cooperativa gestita dal fratello dello stesso cardinale.

L’AMAREZZA DEL VESCOVO DI OZIERI – Il vescovo di Ozieri, mons. Corrado Melis, esprime tutta la sua “amarezza” per la condanna inflitta al cardinale Angelo Becciu. In una lettera aperta alla sua diocesi scrive: “Sento con immensa sofferenza di non essere solo a provare amarezza e disorientamento dopo la sentenza comminata al caro don Angelino. Percepisco la vostra fatica, i vostri interrogativi e il groviglio di sentimenti che abitano il vostro cuore. Vi posso confessare che non sono molto distanti dai miei. Mi ritrovo ad essere padre ma senza un tozzo di pane da portare a casa. Mi chiedo cosa è stato, cosa siamo e cosa saremo. Convivono in queste ore la consapevolezza di sentirmi amato dalla Chiesa e il frastuono di tante domande sguaiate che cercano pace. Se non altro per avere una risposta da dare o un cammino da affrontare assieme”. Il vescovo sottolinea: “Sono veramente in difficoltà e con estrema umiltà mi metto a nudo confessandovi: non capisco!”.

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