«La valorizzazione dei beni culturali della Sardegna ha ricadute economiche e occupazionali importanti. Penso a
un’agenzia regionale del patrimonio culturale che stabilizzi tutti i lavoratori dei siti archeologici». L’ha detto il candidato presidente della Coalizione sarda Renato Soru nell’intervento che ha chiuso l’incontro dedicato a “Politiche e gestioni per i beni culturali della Sardegna”, ospitato nella sala del palazzo CIS di Cagliari.
Coordinato da Antonello Gregorini, l’incontro ha riunito operatori, studiosi e semplici appassionati per fare il punto sulle opportunità legate all’immenso patrimonio archeologico, storico e culturale dell’isola e illustrare anche le esperienze di divulgazione e narrazione portate avanti in questi anni. «Lo Statuto del 1948 non ci ha dato competenza piena sui beni culturali come invece ha ottenuto la Sicilia – ha ricordato Soru – e dobbiamo riconoscere che, in tutti questi decenni, i tanti siti archeologici sardi non sono stati studiati e valorizzati come avrebbero meritato dalle Soprintendenze ministeriali. Al punto che, nelle carte che riassumono la storia del mondo, i nuraghi dovrebbero apparire prima delle piramidi e invece non ci sono.»
«Questa storia dimenticata – ha proseguito il candidato – che ha una dignità importante nella storia dell’uomo e ha una presenza diffusa quasi in ogni campagna della Sardegna è una grande risorsa. Può avere delle ricadute sulla miglior comprensione di chi siamo e quindi della nostra storia, ma anche una grande ricaduta economica e lavorativa in un mondo in cui il turismo continua a crescere e che oggi è fatto da viaggiatori, esploratori che viaggiano spesso in cerca di esperienze paesaggi, cibo e culture diverse.»
«Qualcosa è stato realizzato – ha detto Soru -. Abbiamo Barumini riconosciuta tra i beni Unesco, ma rimane tantissimo da fare. Avevamo immaginato una rete dei beni culturali della Sardegna, un sistema anche con una identità visiva che aiutasse il visitare a capire il contesto storico e dove ogni sito fosse un punto d’accesso ideale, però è stato stravolto o realizzato in maniera episodica. Abbiamo due fondazioni molto attive a Barumini e Cabras grazie ai Giganti, ma gli altri siti sono gestiti da singole cooperative, a volte in maniera troppo precaria
e senza protezione sociale per i lavoratori.»
«Con un’agenzia regionale del patrimonio culturale – ha proposto il leader della Coalizione sarda – possiamo prendere in mano la gestione dei siti e stabilizzare chi ci lavora, formare nuovo personale, aprire scuole di restauro e dare un’identità e una narrazione unitaria al nostro patrimonio. Serve una norma di attuazione dello Statuto che definisca le competenze, anche primarie, con lo Stato e ci consenta di gestire meglio e in modo coordinato i luoghi culturali.»
«La transizione digitale porterà grandi occasioni di lavoro e di innovazione – ha ricordato ancora -. Possiamo digitalizzare gli archivi cartacei e tutti i reperti archeologici catalogati e oggi lasciati nei magazzini. Mettere tutto a disposizione come grande occasione di studio e conoscenza, promozione e occupazione. È la realizzazione di un grande patrimonio digitale che sarà per sempre.»
«E da quest’operazione – ha concluso Renato Soru – può nascere un Betile digitale. Vent’anni fa immaginammo questo grande museo sul lungomare di Cagliari, oggi lo possiamo fare online, con tutti i reperti della storia
della Sardegna presenti grazie ai loro «gemelli digitali» a portata di mano di ogni smartphone e di ogni computer nel mondo e per sempre. Sarebbe la prima esperienza al mondo.»