Natale lo è a Napoli come a Cagliari, lo è anche a Betlemme, dove sono state cancellate le celebrazioni, le strade sono deserte e i negozi sono vuoti. Il nostro consumismo è complice connivente attivo, la nostra libertà condizionata è legata a un conflitto globale mai risolto che, ha come unica strategia di pace l’omologazione, la globalizzazione e l’indifferenziazione del consumo.
Luoghi dove corpi marciscono per strada e altri dove per strada, corpi vivono per riflesso culturale condizionato nel nome del consumo, vivo e morto in questo scenario sono qualcosa di complicato da definire, certo è che tutti i conflitti hanno uno stesso motivo scatenante: l’identità. L’identità entra in conflitto per formarsi, per definirsi, per legittimarsi, muove popoli contro popoli, ideologie contro ideologie, culture contro culture, uno contro tutti e tutti contro tutti, nel nome di un linguaggio militare che è sgusciato in ogni dove (obiettivi, contenuti, strategie…), eppure c’è stato un tempo, dove l’umano, si è orientato e accomunato, attraverso il simbolico (e biologico) linguaggio dell’arte, l’unico a connettersi oltre qualsiasi frontiera culturale sovrascritta da altri linguaggi che non sono comuni, ma insiemi di genere.
Pregare è soluzione di pace, il linguaggio simbolico dell’arte, in ogni dove è preghiera originaria, il medium con il quale ci si relaziona alle proprie radici personali, senza le quali non si può comprendere: le radici identitarie, sono la consapevolezza che si è tutti concatenati, che siamo presente e futuro con radici sotto la terra, non possiamo essere piatti e bidimensionali, anche le tre dimensioni sono insufficienti, serve evadere dalla finzione indotta e attingere alla propria rappresentazione del Sé, arginando la storia che s’impone sacrificando identità originarie che sanno esistere, nella memoria siamo ciò che accadrà ed è accaduto eternamente e fuori dal tempo, tutti sappiamo a cosa stiamo andando incontro, non basta certo un altro Natale a fare perdere la memoria.
Di Mimmo Di Caterino