Oltre 10mila imprese in Sardegna sono state aperte da stranieri, molte di queste sono anche artigiane impegnate in edilizia, abbigliamento, lavanderie e servizi di ristorazione e sono localizzate soprattutto nell’Oristanese e nel Nuorese.
Sono solo alcuni dei numeri del dossier “Le imprese artigiane a conduzione straniera” realizzato dall’ufficio studi di Confartigianato Sardegna, che ha analizzato le aperture e le chiusure delle aziende nell’Isola da parte di imprenditrici e imprenditori nati fuori dai confini italiani.
“In Sardegna, alla fine del 2022, le imprese guidate da titolari non italiani erano 10.536 – spiegano da Confartigianato – in aumento dello 0,8% (+84 unità) rispetto al quadriennio precedente (2018). Le imprese stranieri rappresentano il 6,2% rispetto al totale delle aziende registrate nelle Camere di Commercio, e contro le 160.772 attività economiche gestite da italiani”. Nella classifica nazionale, l’Isola si piazza quint’ultima.
I titolari delle imprese, secondo l’analisi di Confartigianato, provengono soprattutto da Marocco, Cina, Romania, Albania e Bangladesh e si occupano principalmente di commercio, edilizia, alloggio e ristorazione, attività manifatturiere. “In Sardegna, tra il 2018 e 2022, la crescita maggiore è stata rilevata nella vecchia provincia di Oristano con un 11,7% – spiegano da Confartigianato -, seguita da Nuoro con +7,3% e Cagliari con un +0,1%. In calo Sassari-Gallura con una decrescita del 2,5%”.
“La via dell’impresa si conferma una delle modalità attraverso le quali, gli stranieri giunti in Sardegna, possono integrarsi nel nostro sistema economico e sociale -, spiega Maria Amelia Lai, presidente di Confartigianato Sardegna -. Valorizzare anche gli imprenditori stranieri, quelli registrati presso le Camere di Commercio e che pagano le tasse come gli italiani, significa anche impegnarsi per far emergere quelle sacche d’illegalità che rischiano di penalizzare i tanti stranieri che concorrono allo sviluppo del nostro sistema produttivo” Per la presidente “questo significa contrastare con forza l’illegalità e il lavoro nero, che alimenta il sommerso e la contraffazione, penalizzando le imprese regolari sarde e straniere”.