Tensioni alla “marcia bianca” guidata dalla madre del ragazzo ucciso da un poliziotto due giorni fa a Nanterre.
La polizia ha fatto uso di gas lacrimogeni. Dopo la conclusione della marcia per Nahel, il diciassettenne di Nanterre al quale un poliziotto ha sparato durante un controllo stradale, sono stati incendiati cassonetti e altro materiale.
Gli scontri tra manifestanti e polizia sono diventati sempre più violenti dopo la fine della ‘marcia bianca’ guidata dalla madre del ragazzo ucciso da un poliziotto due giorni fa a Nanterre, alla quale hanno partecipato fra le 5.000 e le 6.000 persone. Diversi poliziotti sono stati feriti, molte le auto date alle fiamme. Gli scontri sono esplosi all’arrivo della marcia davanti al tribunale di Nanterre.
La “marcia bianca” era stata chiesta dalla mamma di Nahel M. Erano presenti nel corteo alcuni membri del municipio di Nanterre, tutti con una t-shirt rossa. Il vescovo, monsignor Matthieu Rougé, ha lanciato “un appello alla pacificazione in nome della fraternità tra le religioni”.
Il governo ha annunciato che schiererà un totale di 40.000 poliziotti e gendarmi questa sera, di cui 5.000 soltanto a Parigi e nella banlieue, di fronte al rischio di nuovi disordini legati all’uccisione di un diciassettenne di Nanterre, due giorni fa, da parte di un agente. Le forze dell’ordine – ha indicato il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin – saranno “il quadruplo” rispetto alla notte scorsa, durante le quali scontri e danneggiamenti si sono estesi a tutto il Paese e in alcuni casi sono stati particolarmente gravi.
“Tutti quelli che sputano sulla polizia e sulla giustizia sono i complici morali di quello che sta succedendo”: lo ha detto oggi il ministro della Giustizia, Eric Dupond Moretti, in visita al tribunale di Asnières-sur-Seine, vicino a Parigi, danneggiato questa notte durante gli scontri. Un impiegato “ha rischiato di morire bruciato la notte scorsa”, ha dichiarato il guardasigilli, precisando che 170 esponenti delle forze dell’ordine sono rimasti feriti stanotte. “E’ il momento dell’emozione – ha detto Dupond-Moretti – un ragazzo di 17 anni è morto e i ragazzi di 17 anni non devono morire”. Poi ha aggiunto che è stata aperta un’inchiesta “contro un poliziotto e non contro la polizia e confondere come è già stato fatto è qualcosa di insopportabile. La giustizia non va negli studi tv – ha continuato – non sta sui social network. Bisognerebbe che tutti lanciassimo appelli alla calma, che facessimo molta attenzione alle parole che pronunciamo”.