Camilla Canepa morta dopo vaccino: chiesto processo per cinque medici

La Procura di Genova ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti dei cinque dipendenti del pronto soccorso di Lavagna imputati per la morte di Camilla Canepa, la studentessa di Sestri Levante deceduta il 10 giugno 2021 dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca. Il giudice per l’udienza preliminare Carla Pastorini ha fissato l’udienza per il 16 gennaio e deciderà se mandarli a processo o prosciogliere la loro posizione.

La 18enne il 5 giugno viene trasferita d’urgenza al San Martino con la diagnosi di “vitt”, una rarissima trombosi cerebrale associata a livelli di piastrine basse e scatenata proprio dall’iniezione di soluzioni a base adenovirale come appunto AstraZeneca e Johnson&Jonhnson. Dopo cinque giorni il decesso e l’inizio di una lunga indagine sulle presunte negligenze e mancato rispetto del protocollo terapeutico elaborato da Regione Liguria.

Quattro sono accusati di omicidio colposo, perché allora, sostiene la Procura, non avevano eseguito le procedure previste dalla Regione in caso di “vitt”. Secondo l’accusa, se il protocollo fosse stato seguito correttamente “con elevata probabilità avrebbe consentito alla paziente di sopravvivere”. Tutti e cinque gli indagati sono poi accusati di falso perché nelle cartelle non hanno scritto che la ragazza si era vaccinata contro il covid.

Camilla Canepa si vaccina volontariamente a Chiavari il 25 maggio 2021, in uno degli open day promossi dalla Regione dopo l’autorizzazione del Cts. Il 3 giugno va andata una prima volta in pronto soccorso a Lavagna, con cefalea e fotofobia. È sottoposta a Tac cerebrale (senza liquido di contrasto come da protocollo) ed esame neurologico, entrambi negativi, e viene dimessa.

Per i pm Francesca Rombolà e Stefano Puppo: “L’esecuzione di tali approfondimenti avrebbe consentito (secondo l’ipotesi accusatoria, da sottoporre al vaglio di un giudice terzo) di formulare la corretta diagnosi della patologia insorta e di adottare tempestivamente il trattamento terapeutico che, con elevata probabilità, avrebbe consentito alla paziente di sopravvivere. A tutti gli indagati è contestato anche il reato di falso ideologico per non avere attestato, nella documentazione sanitaria, che la ragazza era stata sottoposta a vaccinazione anti covid-19”.

 

 

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