A un anno di distanza da “Canzoni da intorto”, Francesco Guccini torna con un nuovo album di cover intitolato “Canzoni da osteria”. Il cantautore emiliano continua così la rivisitazione delle canzoni che cantava e suonava in compagnia degli amici nelle osterie bolognesi. Se in “Canzoni da intorto” rivivevano i pezzi cantati negli anni ’60 all’osteria dei Poeti, in “Canzoni da osteria” rivedono la luce le canzoni cantate negli anni ’70 all’osteria “da Gandolfi” (poi diventata “Osteria del Moretto”) e all’Osteria delle Dame.
Il disco si apre e si chiude con due canzoni di lotta. L’apertura è affidata a un classico della guerra partigiana: “Bella ciao”, dedicata da Francesco alle donne iraniane, che l’hanno adottata come canzone di protesta contro il regime degli ayattollah, e in cui Guccini canta una strofa in farsi. L’ultima canzone è invece un brano cantato in italiano e in greco, scritto da un amico di osteria di allora, Alexandros Devetzoglou, che evoca il colpo di stato dei colonnelli greci del 21 aprile 1967 ed ha per titolo proprio “21 aprile”. In mezzo ci sono una canzone d’amore italiana, tre brani in dialetto, di cui due in bolognese e uno in veneziano, due canzoni americane e quattro argentine (tango ovviamente). Non mancano una canzone ebraica e una addirittura in catalano.
La canzone d’amore italiana è “Amore dove sei”, di Giorgio Laneve e Marcello Minerbi, che lo stesso Guccini definisce “sofisticata, metafisica, un poco algida, ma molto bella”. La prima delle due canzoni in bolognese è “Maria la guerza”, di autore anonimo, e racconta la storia di un marito geloso, che ammazza la povera moglie intrattenutasi imprudentemente con un vicino. La seconda canzone bolognese s’intitola “La maduneina dal Baurgh ‘d San Pir” (La madonnina di Borgo San Piero) ed è stata scritta da Quinto Ferrari, un vecchio cantautore bolognese, che frequentava anche lui l’Osteria delle Dame e ricordava con nostalgia la Bologna di un tempo.
Si racconta la storia di una madonnina, che, prima della guerra, da Borgo San Piero, un quartiere di Bologna, veniva trasportata trenta giorni dopo la Pasqua al Pratello, un altro quartiere del capoluogo emiliano, a ricordo della protezione accordata dalla Madonna nella peste del 1520. La madonnina doveva restare al Pratello per trenta ore, dalle 10 della domenica alle 16,30 del lunedì. Succedeva però che, al momento in cui la statuetta doveva ritornare a Borgo San Piero, gli abitanti del Pratello non la volevano restituire. Scoppiavano allora invereconde risse tra i giovani dei due quartieri e qualcuno finiva anche in ospedale. Adesso però – concludeva amaramente Quinto Ferrari – per la Madonnina non litiga più nessuno, perché tutto è cambiato e anche la Bologna di una volta non esiste più.
La canzone veneziana, di autore anonimo, è “Il canto dei battipali”, che erano coloro che a Venezia piantavano i pali che dovevano sostenere le case costruite sulla laguna. Cantata in coro in osteria era accompagnata da manate sul tavolo volte a mimare il lavoro dei battipali, che facevano sobbalzare bicchieri e bottiglie di vino.