“Neanche i nuovi direttori accettano di venire a lavorare in Sardegna.
Ricevuto l’incarico uno ha subito rinunciato, un altro si è dimesso e un terzo ha chiesto aspettativa.
Così restano scoperti Isili, Tempio e Alghero in aggiunta a Sassari, Nuoro e perfino Cagliari. Insomma poco o niente cambia ammesso che non ci siano altre defezioni.
Una umiliazione per l’intero sistema penitenziario sardo soprattutto dopo che Patrizia Incollu e Peppino Fois hanno lasciato sulla strada la loro vita per onorare il lavoro”. Così Maria Grazia Caligaris dell’associazione Socialismo Diritti Riforme facendo notare che “nessun’altra regione italiana ha subito questo trattamento né prima né adesso”.
Da qui l’appello ai parlamentari sardi. “Non possono ignorare questa situazione e devono intervenire con forza rivendicando i diritti di chi opera nelle strutture detentive isolane ricordando al ministro della Giustizia e al capo del dipartimento che l’isola ha retto una condizione invivibile negli ultimi 10 anni ma non può più accettare di essere lo zimbello d’Italia”.
Secondo Caligaris, “i concorsi, così come avviene per l’assegnazione delle cattedre scolastiche, non possono essere nazionali ma regionali, a maggior ragione in un’Isola. Ciò anche perché si potrebbe evitare che chi partecipa abbia consapevolezza piena del territorio e del ruolo che va ad assumere. Non è lodevole aderire a un bando, partecipare a corsi di formazione pagati dallo Stato e poi, dopo tre anni, rinunciare a un posto di lavoro utilizzando il titolo acquisito per altre carriere o finalità. Insomma, ammesso che nessun altro rinunci all’incarico o chieda aspettativa, le carceri della Sardegna continuano a gravare su pochi seri professionisti”.