“Un ragazzo di 19 anni, M. N., algerino, entrato nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta nello scorso mese di aprile, sta destando particolare preoccupazione per l’aggressività che manifesta nei confronti delle persone con cui entra in contatto e, in particolare, con gli Agenti della Polizia Penitenziaria. Dall’aspetto minuto e spaurito, nonostante sia sottoposto a terapia farmacologica, in cella manifesta irrequietezza e atti violenti, viene quindi collocato in isolamento per dieci giorni. Successivamente l’iter si ripete. Un via vai che non giova a lui e tiene in costante apprensione il personale della sicurezza e quello sanitario. Un caso che fa riflettere sulla necessità di individuare un’alternativa alla semplice custodia”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV” facendo osservare che “in queste condizioni la presenza in una cella detentiva non corrisponde alla finalità del carcere e crea seri problemi a chi ha il compito di garantire la sicurezza e il trattamento”.
“E’ evidente – sottolinea – che la giovane età e i disturbi della sfera psichiatrica, rendono la vita di questo ragazzo particolarmente complicata. Si pongono diverse problematiche anche riguardo la possibilità reale di una terapia farmacologica davvero efficace laddove risulta difficilissimo inquadrare il disturbo in un ambiente non adeguato ai bisogni di una persona con fragilità evidenti. Sarebbe quindi necessario un intervento del Giudice per fare in modo che questo ragazzo, peraltro in attesa di giudizio, possa essere trasferito in una struttura e/o in una comunità terapeutica dove possa essere gestito con i farmaci e con un supporto psicologico ed educativo mirato”.
“La permanenza dietro le sbarre, in una cella d’isolamento, rischia di accentuare nel giovane – osserva l’esponente di SDR ODV – la frustrazione e i sentimenti di rivalsa e aggressività. Il cumulo di rapporti disciplinari, inevitabili in seguito ad azioni aggressive, manesche e/o verbali, produrrà un allungamento del percorso detentivo con conseguenze ancora più negative per lui e per chi lavora nel carcere. Ecco perché la soluzione migliore non può essere semplicemente il trasferimento in un altro Istituto Penitenziario ma individuare una struttura alternativa in cui possa trovare una risposta meno afflittiva ma più efficace in modo da rendere il periodo di perdita della libertà utile”.
“La Casa Circondariale di Cagliari-Uta – conclude Caligaris – appare sempre di più il luogo ideale per accogliere (e nascondere) le persone con gravi problematiche socio-economiche, caratteriali e psichiche. Ai detenuti psichiatrici e in doppia diagnosi, agli anziani ultraottantenni, si stanno aggiungendo giovanissimi che hanno appena compiuto 18 anni. Un altro obbrobrio di cui occorre farsi carico nel rispetto dell’ordinamento penitenziario”.