La protesta degli studenti contro il caro affitti è in continua espansione. Danilo Lampis e Nicoletta Pucci, portavoce di Sardegna chiama Sardegna, dichiarano:
«Sosteniamo con forza le proteste studentesche di questi giorni perché senza diritto all’abitare non c’è diritto allo studio. Di questo passo solo i figli dei ricchi potranno permettersi di frequentare le università, gli altri dovranno diventare pendolari (cosa che non sempre è possibile, con le distanze e i trasporti sardi) o rinunciare. Infatti, se in Italia i posti letto disponibili nelle residenze universitarie sono appena 40 mila per circa 800 mila studenti fuori sede e in molte città il prezzo medio per una stanza oscilla tra i 500/600 €, in Sardegna la situazione non è di certo migliore. A Cagliari i posti letto disponibili nelle residenze universitarie sono circa 380, contro i 770 del 2014. Negli ultimi 10 anni sono state chiuse 2 case dello studente su 5 per via delle loro condizioni fatiscenti. La prossima apertura del nuovo campus di viale la Playa – costo complessivo 36 milioni di euro – non potrà che essere un cerotto su questa emorragia che non vede nel proprio orizzonte soluzioni vere e a lungo termine.
Il governo bluffa. Nell’ultima legge di bilancio hanno azzerato il Fondo affitti e del Fondo per la morosità incolpevole, e dopo gli annunci dei 660 milioni per residenze universitarie hanno ritirato l’emendamento che sbloccava i Fondi del PNRR. Vogliamo che i fondi vengano sbloccati in tempi celeri e vengano destinati agli studentati pubblici e non ai privati come è previsto attualmente. Servono forme più efficaci di sostegno abitativo per gli studenti fuori sede: il canone concordato in ogni città, una riqualificazione degli edifici sfitti e un fondo fisso per il diritto all’abitare.
Al contempo, bisogna approvare una legge per regolare le piattaforme di affitti brevi. I comuni devono essere messi nelle condizioni di poter monitorare le licenze, equilibrando le presenze turistiche in base alle zone, e di poter intervenire con acquisti ed espropri su aree dismesse, a partire dal patrimonio invenduto degli enti previdenziali, di aziende pubbliche e private fallite. C’è bisogno di nuova edilizia popolare senza nuovo consumo di suolo, ma anche di un tetto agli aumenti dei prezzi nel mercato immobiliare.
Infine, la nostra solidarietà va alle studentesse e gli studenti sardi che oggi studiano fuori dall’isola, con una spesa ingente che grava sulle loro famiglie e che rappresenta un vero e proprio prelievo a favore del Centro-Nord, senza reali opportunità di tornare indietro, quando desiderato, riportando le conoscenze acquisite. Lottiamo per creare le condizioni per tornare e per avere una formazione di qualità in Sardegna, in modo che emigrare non sia più una scelta obbligata.»