“Interdire a genitori detenuti, la cui condanna contempla un reato ostativo, la possibilità di fruire di colloqui telefonici anche quotidiani con i bambini e le bambine, si configura come una violazione dei diritti dei e delle minori a mantenere costanti contatti con i parenti più stretti. Crea inoltre una disparità di trattamento che inficia l’art. 3 della Costituzione”. Ne è convinta l’Associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV”, presieduta da Paola Melis, che ha segnalato la grave discriminazione alla Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza Carla Garlatti e alla Garante regionale dell’Infanzia Carla Puligheddu.
“L’aspetto problematico – osserva Maria Grazia Caligaris, referente per le carceri di SDR ODV – è relativo al fatto che i genitori, pur con reato ostativo, non sono privati della responsabilità genitoriale, ma ciò nonostante i/le minori non possono fruire di colloqui telefonici aggiuntivi, sempre a carico della persona detenuta, rispetto a quelli consentiti (1 alla settimana di 10 minuti). Una limitazione che permane anche se bimbe/i sono soggetti fragili, con disabilità e/o ricoverati”.
“In seguito alla cessazione della pandemia, periodo in cui le persone detenute e i familiari hanno potuto colloquiare più volte alla settimana attraverso il telefono e/o fruire di videochiamate per rimediare ai pericoli della diffusione del virus e per scongiurare i rischi suicidari, per le detenute e i detenuti sottoposti ad articoli ostativi non è più possibile ottenere deroghe. Bambine e bambini quindi devono accontentarsi di sentire la voce del papà e/o della mamma per 10 minuti a settimana e se sono due o tre spetta loro soltanto uno o due minuti a testa”.
“Il dispositivo di legge (30/06/2020) é stato diffuso e reso ancora più esplicito da una Circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (26/09/2022) che però nella parte predispositiva richiama una chiara cornice legislativa sul versante dei diritti (artt. 29/30/31 della Costituzione, art.8 della Convenzione Europea). Appare chiaro tuttavia che il dispositivo, limitando i diritti delle più giovani generazioni, lascia aperto un interrogativo sulla fondatezza di tutta una serie di articoli dell’ordinamento penitenziario che valorizzano i colloqui visivi e la corrispondenza telefonica, quali strumenti per l’esercizio del diritto delle persone private della libertà al mantenimento delle relazioni con i propri congiunti e per la risocializzazione”.
“Condannare i bambini e le bambine, anche con serie fragilità, a rinunciare a un rapporto più intenso con i genitori, perché i reati degli adulti non sono compatibili con qualche telefonata aggiuntiva, sembra – conclude Caligaris – una punizione che si aggiunge al dramma. Non si può ignorare la condizione di disagio sociale, culturale, affettivo che caratterizza il più delle volte la vita delle più giovani generazioni con genitori privati della libertà ecco perché appare inconcepibile negare uno o due squilli di telefono. L’auspicio è che si valutino le conseguenze di queste scelte e di proceda nell’umanizzazione della pena nel rispetto delle prerogative di chi non ha commesso un reato e vuole solo poter sentire più spesso almeno una voce familiare”.