“La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre”: questa la frase riportata sugli striscioni affissi in tutta Italia da CasaPound, per celebrare il centenario della nascita di Yukio Mishima (14 gennaio 1925 – 14 gennaio 2025). Un secolo vissuto come una lama di katana, attraversato con intensità, che racconta l’eternità dell’esistenza dello scrittore nato a Tokyo.
Nel 1952, tra le rovine di Delfi, a soli 27 anni, Mishima intravide la tragedia d’Europa e la Grecia, immutata e millenaria, che narra l’epopea infinita del Vecchio Continente. Proprio lì, tra statue che esprimono una bellezza eterna, trovò la sua essenza, scrivendo capolavori come “Sole e acciaio” e “Lezioni spirituali per giovani samurai”.
Intellettuale unico, Mishima ha raccontato il Sol Levante come nessun altro, rappresentando con profondità la dicotomia solare e lunare della cultura nipponica. La sua creazione, il Tatenokai, non fu solo una milizia di giovani dediti alle arti marziali e al kendo, ma un sodalizio di anime che incarnava la via del Bushido, illuminando la bandiera giapponese con il simbolico sole rosso al centro.
Mishima, come San Sebastiano, Drieu La Rochelle e Vladimir Majakovskij, scelse la morte come atto simbolico. Il 25 novembre 1970, tramite il rito del seppuku, si tolse la vita in mondovisione, dopo aver occupato l’ufficio del generale Mashita con i suoi accoliti. Un gesto che è diventato un monito universale, rivolto non solo ai giapponesi, ma a tutti gli identitari e rivoluzionari che hanno saputo ascoltare il suo messaggio.
Il ricordo di Yukio Mishima vive eterno, come la sua capacità di usare la penna come la spada e la spada come la penna, scrivendo il suo nome nel firmamento delle anime indomite.