Caso Susanna Zanda, gli avvocato lanciano un appello al Ministro Nordio

LETTERA APERTA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA DR. CARLO NORDIO ED
ALLA MAGISTRATURA
Pec: gabinetto.ministro@giustiziacert.it, interrogazioni.gabinetto@giustiziacert.it
Al Ministro della Giustizia
della Repubblica Italiana
Dr. Carlo Nordio
Pec: prot.pg.cassazione@giustiziacert.it
Preg.mo
Procuratore Generale presso
la Corte Suprema di Cassazione
Dr. Luigi Salvato
Pec: primopresidente.cassazione@giustiziacert.it
Ecc.issimo
Primo Presidente
presso la Corte Suprema di Cassazione
Dr.ssa Margherita Cassano
Pec: presidente.ca.firenze@giustiziacert.it
Ecc.Issimo
Presidente della Corte D’Appello di Firenze
Dr. Alessandro Nencini
Pec: susanna.zanda@giustizia.it
p.c.
Stimastissimo Giudice
Dott.ssa Susanna Zanda

Preg.mi Tutti
abbiamo letto con grande preoccupazione i contenuti della risposta che il Ministro Nordio in data 17.05.2023 ha inteso fornire alla interrogazione a risposta scritta 4-00350 presentata dal Senatore Ivan Scalfarotto, ed è recente notizia di stampa attraverso un articolo della giornalista Angela Camuso riportato sulla testata nazionale “ La Verità”, che i contenuti di tale risposta abbiano evidentemente avuto seguito con l’inizio di un procedimento disciplinare a carico del Giudice della II sezione civile del Tribunale di Firenze dr.ssa Susanna Zanda.

Da una parte appare una singolare coincidenza che il Giudice Zanda – come riportato in un articolo di Ermes Antonucci nella testata “Il Foglio” del 21 marzo 2023 – sia il Giudice balzato agli onori delle cronache agli inizi di marzo scorso per aver respinto una richiesta di risarcimento danni di 200 mila euro presentata dal senatore Matteo Renzi contro il “Corriere della Sera” per diffamazione e, che , guarda caso, l’interrogazione nei confronti del Giudice Zanda provenga proprio dal senatore Scalfarotto – di cui si ricorda l’appartenenza al gruppo parlamentare AzioneItalia Viva – RenewEurope, facente capo anche al senatore Matteo Renzi – nonchè una
dichiarazione ad esso attribuita riportata in un articolo della testata “Il Giornale.it” del 7 Luglio 2022, nella quale testualmente si affermava: “Oggi la mia famiglia è uguale alla sua – dice rivolgendosi alla giornalista di Skytg24 – perché c’è stato Matteo Renzi a Palazzo Chigi”.

“Io questo non lo dimentico – aggiunge con gli occhi lucidi – perché mi ha cambiato la vita, e la politica è questo: cambiare la vita della gente”; dall’altra parte, colpisce la particolare sensibilità che ha mostrato il Ministro sia nel recepire la sollecitazione provenuta dall’interrogazione in questione sia nel rispondere ad essa, con contenuti tuttavia che non possono che qui assolutamente contestarsi.

Questa nostra missiva intende essere un’analisi tecnica che si incentrera’ sui contenuti della risposta resa dal Ministro Nordio alla interrogazione del Senatore Scalfarotto, sperando di dare così indirettamente un contributo di chiarezza anche in relazione al procedimento disciplinare a carico del Giudice Zanda, che si ritiene sia da essi scaturito e si rifaccia quindi ai medesimi rilievi critici, dall’altra confida di stimolare negli attori istituzionali destinatari della stessa una profonda riflessione sul pericolosissimo vulnus arrecato da tale vicenda alle garanzie di indipendenza della magistratura.

Nella risposta del Ministro Nordio alla interrogazione del senatore Scalfarotto, i cui contenuti si presume abbiano dato inizio anche al procedimento disciplinare, si contesta che il Giudice Zanda abbia compiuto atti passibili di essere sanzionati a livello disciplinare sulla base di premesse che è nostro avviso risultano infondate sia giuridicamente sia sul piano fattuale per quanto sta inesorabilmente emergendo nella realtà di tutti i giorni e dalle note inchieste giornalistiche portate avanti dalla testata nazionale “La Verità” e dalla trasmissione d’inchiesta “Fuori dal Coro”, trasmessa sulla rete televisiva nazionale “Rete 4”. Di tali realtà fattuali ed inchieste, tuttavia, il
Ministro parrebbe essere incredibilmente all’oscuro a giudicare dai contenuti che ha riportato nella sua risposta all’interrogazione, ed evidentemente anche la Magistratura, stante le numerose notizie di reato emerse da tali inchieste, che almeno apparentemente non sembra abbiano indotto, nonostante l’obbligatorietà dell’azione penale, le Procure Competenti ad aprire le dovute indagini.

Al riguardo, invitiamo, allora, l’IllIssimo Procuratore Generale Presso La Corte Suprema di Cassazione a voler rispettivamente leggere le edizioni del citato giornale ed a voler vedere le numerose puntate della citata trasmissione risalenti agli ultimi sei mesi, ed eventualmente a valutare i profili disciplinari anche nei confronti dei magistrati delle Procure che, nonostante la competenza territoriale e la obbligatorietà dell’azione penale, non abbiano iniziato indagini a fronte delle numerose notizie di reato emerse da tali inchieste. Al riguardo, per Sua comodità indichiamo il link dove potrà visionare i video della trasmissione: “Fuori dal Coro”
https://mediasetinfinity.mediaset.it/programmi-tv/fuoridalcoro_SE000000000632.

Ma andiamo con ordine, seguendo i contenuti della risposta del Ministro, che si presume, come detto, che abbiano dato seguito anche al procedimento disciplinare, si ritiene che il Giudice Zanda sia da sanzionare poiché sarebbe andata a lavorare senza green pass da tampone nonostante ciò sia accaduto per lo stato di necessità di dover soccorrere imprevedibilmente la madre malata (parente convivente con handicap in situazione di gravità accertata a norma della legge n. 104 del 1992, come riportato nella stessa risposta del Ministro alla interrogazione in questione) e la conseguente causa di forza maggiore provocata da tale vicenda, che l’avrebbe costretta – dovendo presenziare ad una udienza fissata per il 13 dicembre del 2021 – ad adempiere all’obbligo di non interrompere il servizio pubblico da svolgersi, senza suo malgrado aver potuto effettuare il tampone per il venire meno dei tempi necessari a disposizione. Tuttavia, si fa rilevare che anche a voler prescindere dalla predetta causa di forza maggiore, la condotta in questione non potrebbe comunque avere rilievo, poiché la norma che imponeva il tampone solo ai non vaccinati andava certamente disapplicata in quanto totalmente in contrasto sia con il regolamento dell’Unione Europea n. 953 del 2021, considerando 36 – che prevedeva il divieto di discriminazione tra vaccinati e non vaccinati – sia con l’art 21 della Carta di Nizza, che impone il divieto di
irragionevole discriminazione, oltre che, naturalmente, con l’art 3 della Costituzione, che notoriamente prescrive anch’esso quest’ultimo precetto. Difatti, la irragionevole discriminazione era palese già all’epoca dei fatti a cui ci si riferisce, stante la circostanza che, come si dovrebbe sapere, gli stessi allegati tecnici dei vaccini approvati dalla Commissione Europea ai fini della loro immissione in commercio, specificavano chiaramente che detti farmaci non prevenivano il contagio, poiché si trattava di medicinali per l’immunizzazione attiva per la prevenzione del Covid19, malattia causata dal virus SARS-CoV-2. Era, quindi, già espressamente scritto negli allegati tecnici che tali farmaci intendessero prevenire solo la malattia ma non il contagio, ed è fatto notorio che ciò venisse comunicato pubblicamente anche dagli organi scientifici, anche a mezzo stampa, dove si specificava , per l’appunto, che essi servissero ad evitare la malattia grave e non prevenivano la possibilità che il virus SARS CoV- 2 potesse circolare nell’organismo dei vaccinati infettandoli e, quindi, creare contagio. Quanto appena illustrato si può chiaramente verificare collegandosi al portale del registro europeo dove sono riportate tutte le autorizzazioni all’immissione in commercio rilasciate dalla Commissione Europea per i vari vaccini resi obbligatori, con le relative schede tecniche dei produttori autorizzate al momento della loro immissione in commercio. Al riguardo, confidiamo nel fatto che questo aspetto tecnico sia già conosciuto agli interlocutori , ma, comunque, per comodità di chi fosse interessato, si segnala che tale registro pubblico è facilmente consultabile via web tramite il seguente link:
https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/ (poi digitare sulla indicazione interattiva
“Accesso al registro dell’Unione”).

Quanto appena detto è peraltro stato riscontrato pacificamente, come riportato anche dagli organi di stampa, per quanto attiene alla Pfizer, addirittura da Janine Small – presidente dei mercati internazionali di sviluppo di Pfizer – la quale lunedì 10 Ottobre 2022 si presentava davanti alla Commissione Covid 19 del Parlamento Europeo per conto dell’amministratore delegato di Pfizer, il dottor Albert Bourla – convocato dalla medesima Commissione – e, nel corso del dibattito con i deputati, alla domanda postale dal deputato olandese Rob Roos se il vaccino fosse stato testato per impedire la trasmissione del coronavirus rispondeva negativamente, affermando che non era dato sapere se il vaccino potesse impedire la trasmissione del virus prima di immetterlo sul mercato.

Di conseguenza, poiché notoriamente il tampone occorreva solo per individuare gli eventuali infettati dal virus ai fini di limitare il contagio, appariva già all’epoca dei fatti di cui si tratta privo di ogni ragionevole fondamento logico e, quindi, anche profondamente irragionevolmente discriminatorio, che esso fosse imposto solo ai non vaccinati, peraltro anche con gravosi costi a carico.

Procedendo nell’esame dei contenuti della risposta del Ministro, e, quindi, indirettamente, si presume anche dei contenuti del procedimento disciplinare, si contesta che la richiesta effettuata dal Giudice Zanda alle Autorità Giudiziarie svolgenti ruolo amministrativo – deputate all’applicazione delle norme in materia di green pass – di disapplicazione di tale normativa interna perché costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 3 della Costituzione nonché in contrasto con le norme comunitarie, sia stata resa al di fuori degli istituti giuridici contemplati dall’ordinamento per il vaglio della legittimità costituzionale o della compatibilità comunitaria del
diritto interno, quali l’incidente di legittimità costituzionale o la pregiudiziale comunitaria. Ebbene, a tale riguardo si intende richiamare la attenzione sulla recente pronuncia del TAR Lombardia sezione staccata di Brescia dell’8.2.2022, n. 00112 RG, nella quale il giudice amministrativo, coerentemente all’orientamento espresso in materia dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha ribadito il principio in base al quale le norme comunitarie, essendo di rango superiore a quello della normativa nazionale, vadano applicate non solo dal giudice nazionale adito ma anche dagli apparati amministrativi.

Ciò si traduce, quindi, in un potere-dovere da parte anche della autorità amministrativa di disapplicare le norme nazionali in contrasto con il dritto comunitario, poiché la disapplicazione è un obbligo per lo Stato membro in tutte le sue articolazioni e, quindi, anche per gli apparati amministrativi che, attraverso i suoi funzionari, siano chiamati ad applicare la norma interna contrastante con il diritto euro – unitario (al riguardo, cfr. ex multis CGUE, 22 giugno 1989, C-103/88 e 24 maggio 2012, C-97/11; Corte Costituzionale, sentenza 21 aprile 1989 n. 232; Cons.
Stato, VI, 23 maggio 2006 n. 3072; VI, 7874/2019; V, 5 marzo 2018, n. 1342).

Peraltro si osserva che la disapplicazione delle norme interne in contrasto con le norme euro unitarie in caso di diretta ed autosufficiente applicabilità di queste ultime alla fattispecie oggetto di giudizio, risulti, anche in caso di doppia pregiudizialità, conforme alla giurisprudenza della Corte di Giustizia della Unione Europea consolidatasi in seguito alla nota sentenza della Corte di Giustizia CEE 9.3.1978 C-106/77 -Simmenthal spa contro Ministero delle Finanze e risulti, peraltro, al netto dell’applicazione del principio dei controlimiti, anche in linea con quanto incidentalmente affermato dalla Consulta con la sua recente sentenza n. 67 del 2022.

Quindi la dr.ssa Zanda nei provvedimenti giursdizionali poi emessi in qualità di Giudice si e’ sostanzialmente
confomata all’indirizzo della Corte di Giustizia della Unione Europea. Proseguendo nell’esame dei contenuti della risposta del Ministro, e, quindi, indirettamente, si presume anche di quelli del procedimento disciplinare, in maniera assolutamente generica si taccia il Giudice Zanda di irrazionalità e di toni esacerbati, per poi contestare, si ritiene con grave sgarro istituzionale ed invasione dei confini che dovrebbero essere riservati alla indipendenza del Giudizio tecnico espresso dall’Autorità Giudiziaria, il merito del provvedimento da essa adottato in data 6
luglio 2022 nel procedimento cautelare n. 7360/2022 RG, sindacandolo a mo’ di giudice dell’impugnazione come una grave e inescusabile violazione di legge, per contrasto, a Suo dire con le sentenze n. 171 e n. 127 del 2022 della Corte Costituzionale che avrebbero sancito la efficacia e la sicurezza dei vaccini, di cui è stato peraltro imposto l’obbligo.

Ebbene, si intende rilevare, innanzitutto che le sentenze di inammissibilità e infondatezza della Corte Costituzionale, quali sono le suddette pronunce, non abbiano alcun effetto vincolante a livello interpretativo per i giudici di merito: l’unico effetto processuale di un provvedimento di rigetto dell’eccezione di illegittimità costituzionale è, in effetti, quello che “l’eccezione possa essere riproposta all’inizio di ogni grado ulteriore del processo” e, quindi, non nuovamente dallo stesso giudice rimettente nel corso del medesimo grado di giudizio (art 24, 1. 11 marzo 1953, n. 87).

Peraltro, come noto, la funzione nomofilattica – tesa ad assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale” – spetta solo ed esclusivamente alla Corte di Cassazione, quale “organo supremo della giustizia”, e non già anche alla Corte Costituzionale (art. 65, comma 1, R.D. 30 gennaio 1941 n. 12). Fatta questa debita premessa, vi è innanzitutto da rilevare che apparirebbe quantomeno avventata una affermazione di sicurezza delle sostanze utilizzate per la vaccinazione contro il
Covid 19 alla luce proprio di quanto riportato dalle su citate schede tecniche di tali vaccini. Se, infatti, si accede al registro pubblico europeo al link:
https://ec.europa.eu/health/documents/community-register/, per poi digitare sulla indicazione interattiva “Accesso al registro dell’Unione”, ed alle schede tecniche che risultano approvate dalla Commissione Europea, certamente salterà all’occhio la mancanza in tali schede di numerosi studi ed informazioni sanitarie di portata assai ampia ai fini della tutela della salute delle persone e della sicurezza dei farmaci in questione. Infatti, gli allegati alle autorizzazioni all’immissione in commercio dei farmaci disponibili in Italia per la immunizzazione attiva verso il Covid-19 precisano che tutti i vaccini siano stati immessi in commercio con autorizzazione condizionata:  trattasi, pertanto, di sostanze per le quali risultava gia’ all’epoca dei fatti che ci riguardano – ma
come, purtroppo si illustrerà, risulta anche ora – l’assenza di dati farmaceutici e preclinici completi, immesse tuttavia in commercio ai sensi della normativa europea emergenziale prevista dal regolamento UE 507 del 2016.

Ebbene, al riguardo si evidenzia come negli allegati tecnici alla approvazione di tali sostanze siano assenti informazioni sanitarie di portata assai rilevante nonostante la loro autorizzazione alla immissione in commercio condizionata. Infatti, negli allegati di ciascun vaccino, dalla loro approvazione sino agli ultimi loro aggiornamenti, viene espressamente scritto che manchino dati clinici e studi sulla efficacia e sicurezza relativamente ai soggetti immunocompromessi, studi di iterazione con gli altri farmaci o medicinali, studi sulla cancerogenicità, manchino del tutto oppure in alcuni casi siano assolutamente parziali, studi sulla genotossicità , manchino studi sugli effetti in relazione all’escrezione del latte materno, manchino studi e dati su ulteriori aspetti sanitari di grande rilievo per la salute e la sicurezza farmacologica, come riportato nelle stesse schede tecniche, alla cui attenta lettura invitiamo fortemente i detinatari della presente a voler procedere.

Inoltre, da un attento esame della documentazione ufficiale legata all’utilizzabilità dei vaccini in questione emerge la quantomeno curiosa mancanza di coincidenza di tali schede tecniche con i fogli illustrativi predisposti per tali farmaci dall’Aifa: consigliati peraltro dal Ministero della Salute ai fini dell’informativa da fornire per ottenere il consenso informato. A tal riguardo, si invita a voler consultare a titolo di esempio la circolare 1398 del 13.1.2023 del Ministero della Salute che qui si allega per comodità (Alleg.1), nella quale viene riportato, tra
l’altro, che la Commissione Tecnico Scientifica di AIFA, nella seduta del 5 dicembre 2022, accogliendo il parere espresso dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha autorizzato la formulazione Original/Omicron BA.4-5 (5/5 microgrammi) del vaccino Comirnaty, con l’indicazione di utilizzo come dose di richiamo per la fascia di età 5-11 anni. Pertanto, si e’ estesa la raccomandazione della dose di richiamo ai bambini nella fascia di età 5-11 anni (compresi), che presenvatano condizioni di fragilità tali da esporli allo sviluppo di forme più severe di infezione da SARS-CoV-2 (cfr. circolari prot. n. 40319-23/09/2022-DGPRE e prot. n. 49730-09/12/2022-DGPRE) (ALL 1).

Senza voler entrare nel merito dei possibili reati che si potrebbero configurare a carico del medico vaccinatore – che si presume dovesse conoscere le schede tecniche dei vaccini – qualora avesse taciuto consapevolmente in sede di informativa ai fni del consenso informato tali carenze di studi e, quindi, di previsioni di sicurezza farmacologica per soggetti a richio ( quali ad esempio i soggetti immunocompromessi) – risulta palese che nel caso della circolare in esame il foglio illustrativo predisposto dall’Aifa per il vaccino in questione, in essa riportato, non contenga la menzione di alcuna delle carenze e mancanze di studi e dati clinici sopra evidenziati: al contrario,
come rilevato, espressamente evidenziati dalla scheda tecnica oggetto di approvazione da parte della Commissione Europea.

Nuovamente ci si vede allora costretti a sollecitare un approfondimento conoscitivo, ed in particolare si invita a consultare anche le altre circolari emanate dal Ministero della Salute nelle quali, di volta in volta, sono stati aggiornati i fogli illustrativi di detti vaccini, il cui utilizzo è stato parimenti da esse consigliato ai fini del consenso informato per le relative inoculazioni, confidando che non si potrà non rendersi conto che le carenze informative riscontrate nella circolare sopra illustrata risultino purtroppo presenti anche in tali ulteriori circolari: ciò con le
presumibili evidenti ricadute sulla correttezza della informativa completa che sarebbe dovuta essere data ai vaccinandi in sede di vaccinazione, il cui obbligo di fonte costituzionale – peraltro previsto anche dall’art 3 della Carta di Nizza, con conseguente possibilità di disapplicazione della normativa interna con esso incompatibile – risulta anche ribadito dalla sia pur giuridicamente criticabile recente sentenza n. 14 del 2023 della Corte Costituzionale (vedi al punto 16.1 di tale sentenza).

Vi è peraltro da rilevare, come già esposto, che le sostanze utilizzate per la vaccinazione obbligatoria contro il Covid 19, siano state tutte immesse in commercio dalla citata Commissione Europea attraverso una autorizzazione condizionata ai sensi regolamento UE 507 del 2016. In particolare quest’ultimo regolamento all’art. 9 prevede inoltre c he Le relazioni periodiche di aggiornamento sulla sicurezza di cui all’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 726/2004 sono presentate all’Agenzia e agli Stati membri immediatamente su richiesta o almeno ogni sei mesi dopo il rilascio o il rinnovo di un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata. In particolare infatti l’art 24 par. 3 del reg. UE 726 del 2004 prevede espressamente che ” Il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale per uso umano conserva registrazioni dettagliate di tutti i presunti effetti collaterali negativi verificatisi all’interno e all’esterno della Unione, che gli
vengono segnalati dagli operatori sanitari. Salvo imposizione di altre condizioni per il rilascio, da parte della Unione, dell’autorizzazione all’immissione in commercio, tali dati sono presentati all’agenzia e agli Stati membri, sotto forma di relazioni periodiche di aggiornamento sulla sicurezza, immediatamente su richiesta, o almeno ogni sei mesi dopo l’autorizzazione fino all’immissione in commercio.

Sono presentate inoltre relazioni periodiche di aggiornamento sulla sicurezza, immediatamente su richiesta, o almeno ogni sei mesi per i primi due anni successivi all’immissione iniziale sul mercato comunitario e annualmente per i due anni successivi. In seguito, le relazioni sono presentate ogni tre anni o immediatamente su richiesta. Le relazioni sono accompagnate da una valutazione scientifica, in particolare del rapporto rischio/beneficio del medicinale.”

La normativa soprastante, come si può leggere, prevede, tra l’altro, un costante aggiornamento del monitoraggio degli effetti avversi attraverso altresì il deposito di periodici rapporti di sicurezza (denominati PSUR) da parte del titolare della immissione in commercio, accessibili agli Stati Membri UE, prescrivendo inoltre l’istituzione di un Archivio apposito oltre che lo scambio di informazione tra tali Stati, l’Agenzia Europea ed i titolari della autorizzazione alla immissione in commercio( vedi anche artt. articoli 25, 25 bis e 28 bis del reg. UE 726 del 2004).

Cio’ a maggior ragione è necessario nel caso delle autorizzazioni alla immissione in commercio condizionate,
stante la incompletezza dei dati al momento della loro immissione in commercio ed ad ulteriore maggiore ragione laddove tali farmaci diventino oggetto di obbligo di somministrazione, come nel caso de quo.

Stanti le premesse, si dovrebbe ritenere scontato che i contenuti di tali rapporti debbano per la stesse ragioni in tali casi essere resi accessibili ai singoli cittadini degli Stati Membri, ed in particolare ai sanitari degli stessi, in quanto evidente garanzia di sicurezza per la salute ed integrità psico fisica individuale considerando l’incompletezza dei dati sanitari riguardanti tali tipologie di farmaci immessi in commercio: garanzia, si osserva, peraltro tutelata sia dalla Carta di Nizza attraverso gli artt. 1, 2 e 3 della stessa, sia dall’art 32 della Costituzione Italiana. Ebbene non è così. Al contrario, si osserva che dalla sentenza del TAR Lazio N. 04862/2023 REG.PROV.COLL. N. 08054/2022 REG.RIC. pubblicata il 21.03.2023 sia risultato esattamente l’opposto . Infatti, come si legge nella sentenza (all. 2) , la Associazione ricorrente, in virtù delle proprie finalità statutarie, chiedeva ad AIFA l’ostensione dei seguenti documenti : il primo PSUR depositato dalle case farmaceutiche onerate a tale attività entro i sei mesi successivi dall’autorizzazione all’immissione in commercio dai soggetti produttori dei prodotti anticovid (Pfizer, AstraZeneca, Moderna, Johnson & Johnson), nonché le relazioni intermedie di gennaio, marzo, aprile, luglio 2021 fornite dai medesimi produttori farmaceutici (Pfizer, AstraZeneca, Moderna, Johnson & Johnson). AIFA, tuttavia, con la nota del 28 dicembre 2021, dichiarava invece che, premesso che quanto richiesto costituivano dati riservati delle aziende farmaceutiche, non deteneva la documentazione richiesta, atteso che la procedura comunitaria di autorizzazione all’immissione in commercio condizionata (CMA) era gestita dall’Agenzia Europea dei medicinali (EMA) che, pertanto, era l’ente di riferimento per la procedura autorizzativa e per le conseguenti procedure di monitoraggio della sicurezza e dell’uso appropriato dei farmaci.La ricorrente, in data 29 dicembre 2021, avanzava allora istanza di accesso agli atti anche al Ministero della Salute, richiedendo la consegna degli PSUR e delle Relazioni Intermedie di Sicurezza a suo tempo già richieste ad AIFA in data 29 novembre 2021.Il Ministero, in riscontro della riportata istanza attestava di non essere in possesso della documentazione richiesta, rappresentando che l’istanza doveva essere avanzata ad EMA. L’associazione , quindi, provvedeva ad inoltrare l’indicata richiesta ad EMA.

Quest’ultima respingeva l’istanza con la seguente motivazione: i documenti richiesti rientrerebbero fra le
“eccezioni” previste dal regolamento e dalla politica dell’Agenzia, e pertanto non possono essere divulgati; la divulgazione dei documenti richiesti pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale; l’Agenzia non avrebbe individuato nessun interesse pubblico prevalente che giustifichi la divulgazione dei documenti richiesti e che prevalga sulla tutela dell’interesse sopra individuato. Il ricorso in questione tuttavia veniva rigettato per un rilevato errore procedurale nella sua introduzione.

Da quanto sopra riportato si deve quindi rilevare che i medici dei paesi membri UE – ivi compresi, quindi, quegli italiani – non abbiano avuto modo di avere conoscenza del contenuto degli PSUR con l’evidente concorso, quantomeno omissivo, da parte dell’AIFA. Cio’ rappresenta una ulteriore riprova che ci sia molto da chiarire sulla correttezza dell’operato del Ministero della Salute e degli enti Governativi, quali, l’Aifa e l’ISS, durante la loro gestione della campagna vaccinale e la fase pandemica: al netto delle inchieste giornalistiche sopra segnalate.
Proseguendo nell’esame dei rilievi giuridici sui contenuti della risposta del Ministro Nordio alla interrogazione del senatore Scalfarotto,e, quindi, indirettamente, si presume anche sui contenuti del procedimento disciplinare, a carico del Giudice Zanda, vi è, altresì da rilevare che i contenuti sia delle sentenze n. 127 e n. 171 del 2022 sia delle note più recenti pronunce della Consulta n. 14, n. 15 e n. 16 del 2023 risultino smentiti inesorabilmente dalla realtà. Infatti, al contrario di quanto in esse riportato, ormai e’ divenuto fatto notorio per la capillarità di diffusione dei contagi e dei casi tra i vaccinati, che, da una parte, questi vaccini non abbiano, come peraltro anche attestato dalla loro scheda tecnica, impedito il contagio (purtroppo tuttavia , a differenza delle aspettative, anche con malattia grave o mortale) e, dall’altra, che possano provocare reazioni avverse anche gravi, se non mortali, nei vaccinati, come confermato sia dalla banca dati europea Eudravigilance – facente a parte del sistema di monitoraggio europeo degli effetti avversi di detti vaccini, altresì ex art 28 bis del reg. UE 726 del 2004 – sia dallo stesso ente nazionale Aifa.

In particolare, i dati dell’Aifa, alla pagina 6 del suo quattordicesimo rapporto sulla Sorveglianza Vaccini Covid-19 (ALL. 3), peraltro limitati ad una farmacovigilanza cosiddetta passiva – cioè basati solo sulle segnalazioni ricevute e non sul monitoraggio attivo di quote di vaccinati – nel periodo 27.12.2020 / 16.12.2022 segnalano ben 140595 reazioni avverse sospette da vaccino, quindi, potenzialmente correlabili, di cui il 18,7% gravi. Ancora, alla pagina 11, lo stesso rapporto riporta che 971 reazioni gravi risultino avere avuto esito fatale, di cui 29 risultino altamente correlabili. Eudravigilance, invece, che è una banca dati facente parte del sistema di monitoraggio di farmacovigilanza della UE, riporta numeri negli Stati membri monitorati addirittura nell’ordine complessivamente di ben oltre due milioni di effetti avversi da vaccino, tra i quali anche gravi e letali [(ALL. 4; per il dettaglio degli effetti avversi gravi e letali si indica il link: https://www.adrreports.eu/it/search_subst.html#, poi digitare Covid-19, poi entrare nella scheda riguardante il singolo farmaco e digitare sulla mascherina in alto: ”Numerocsingoli casi per una reazione selezionata”.)]. Si tratta di numeri che uniti alla predetta carenza di studi e relativi dati sanitari ed alla impossibilità di visionare il contenuto dei PSUR, configurano gravissimi e preoccupanti profili che smentiscono la sicurezza sanitaria dei farmaci in questione.

Peraltro, si fa presente che la Consulta, prima delle note pronunce n. 14, n. 15 e n. 16 del 2023, oltremodo criticabili giuridicamente, si è pronunciata più volte sul tema dell’obbligatorietà vaccinale, a partire dalla sentenza n. 258 del 1994 per giungere alla più recente sentenza n. 5 del 2018, individuando i presupposti affinché l’obbligo vaccinale possa ritenersi compatibile con i principi previsti dall’art. 32 Costituzione, ed in generale con il diritto inviolabile della persona costituito dall’applicazione del principio dell’habeas corpus.

In particolare,prima delle citate recenti sentenze, la Corte Costituzionale in una giurisprudenza trentennale ormai consolidata ha stabilito che la legge impositiva di un trattamento sanitario non fosse incompatibile con l’art 32 Costituzione ove il trattamento: 1) fosse stato diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi fosse assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri (sentenza 307 del 1990); 2) vi fosse stata la previsione che esso non incidesse negativamente sullo stato di salute di colui che vi fosse assoggettato salvo che per quelle sole conseguenze temporanee e di scarsa entità; 3) nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio, fosse stata prevista la corresponsione di un’equa indennità in favore del danneggiato (sentenza 307 del 1990). Da tali condizioni affermate dalla Consulta conseguiva, quindi, che la possibilità acclarata di un rischio fatale o grave per la salute, come nel caso dei vaccini di cui si tratta, sia pur non alto in termini di percentuale e probabilità, non potesse legittimare l’obbligo vaccinale, e ciò perché il soggetto che si sarebbe dovuto sottoporre a vaccino sarebbe potuto rientrare per sua sfortuna in quella percentuale di eventi fatali o gravi. Veniva, quindi, chiaramente affermato che non si potesse pretendere, in favore del principio di solidarietà, che un individuo fosse assoggettato ad affrontare un potenziale acclarato
rischio, di qualunque dimensione in percentuale esso fosse, di morte o effetti gravi.

Si osserva, allora, a maggior ragione alla luce delle gravissime criticità sulla sicurezza sopra evidenziate che – a meno di non voler trasformare l’essere umano in un ostaggio di chi occupando gli scranni del potere politico, come ad esempio attualmente il meticoloso senatore Scalfarotto ed i suoi colleghi – decida di volta in volta quale sia il bene o fine pubblico per cui esso debba piegarsi financo al rischio vita a favore del principio di solidarietà, il diritto alla salute, alla integrità psico fisica alla vita ed il diritto al rispetto della dignità della persona di cui all’art 32 della Costituzione ed agli artt. 1, 2 e 3 della Carta di Nizza, non possano che essere interpretati in conformità al precedente orientamento della Consulta, per cui debba essere giuridicamente garantito a ciascuno di non incorrere in un potenziale rischio di vita o di eventi gravi per la salute, di qualunque dimensione in percentuale esso sia, per adempiere agli obblighi di solidarietà prefissati da chi Governa la cosa pubblica. Ed a tali contenuti si è evidentemente conformata la dr.ssa Zanda nei provvedimenti ad essa contestati.

Preg.mi Ministro e Magistrati, per quanto sopra riportato, speriamo vi rendiate conto che qui si tratti non solo di difendere il Giudice Susanna Zanda – alla quale comunque esprimiamo, per le motivazioni sopra riportate, il nostro pieno sostegno e la nostra gratitudine per l’opera meritoria che sta svolgendo – ma si tratti soprattutto di salvaguardare i principi fondamentali della Costituzione rappresentati dai diritti inviolabili della persona, tra i quali, in primis l’habeas corpus, il diritto alla dignità della persona, il diritto al lavoro e, non da ultimo, si tratti di salvaguardare la garanzia della indipendenza della Magistratura e la sua onorabilità quale custode impavido di tali diritti, tutelandola dai comportamenti sempre più invasivi ed irriverenti del potere politico, ai quali, purtroppo, ci duole scrivere, si ritiene appartengano per i contenuti anche la risposta resa dal Ministro della Giustizia all’interrogazione del senatore Scalfarotto ed il procedimento disciplinare che da essi e’ scaturito.

Non ci possiamo, quindi, esimere dal tutelare e difendere, da avvocati – come il nostro ruolo, la nostra missione ed il nostro giuramento ci impone – chi, come il Giudice Zanda, preservi con coraggio tale onorabilità ed indipendenza attraverso il professionale svolgimento del suo lavoro ed il conseguente assolvimento alla sua altissima funzione.

Con osservanza
Avv. Antonio Verdone del Foro di Cagliari
Avv. Lucia Deiana del Foro di Cagliari
Avv. Anna Maria Marcias del Foro di Cagliari
Avv. Carmen Deiana del Foro di Cagliari
Avv. Marcello Serra del Foro di Cagliari
Avv. Vito Marchetti del Foro di Cagliari
Avv. Giuliana Pau del Foro di Cagliari
Avv. Stefania Meloni del Foro di Cagliari
Avv. Stefania Mascia del Foro di Cagliari
Avv. Marcello Meloni del Foro di Cagliari
Avv. Alfonso Pinna del Foro di Cagliari
Avv. Anna Maria Marini del Foro di Cagliari
Avv. Efisio Sanjust del Foro di Cagliari
Avv. Francesca Aramu del Foro di Cagliari
Avv. Marcello Colamatteo del Foro di Cagliari
Avv. Valentina Piano del Foro di Cagliari
Avv. Linda Corrias del Foro di Oristano
Avv. Giovanni Siotto Pintor del Foro di Cagliari

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