Chi ricorda “i fatti di S. Sebastiano?” A Sa Domo un evento per ricordare la repressione di 25 anni fa

Oggi il carcere di S. Sebastiano di Sassari è diventato un bene culturale da tutelare e apre i suoi cancelli ai turisti durante le giornate del FAI.

Ma il 3 aprile 2000, tra quelle mura, si verificò un violento pestaggio ai danni di numerosi detenuti. In risposta a proteste pacifiche per le condizioni disumane dell’istituto, un contingente di circa cento agenti della polizia
penitenziaria intervenne con una repressione brutale. Testimonianze dell’epoca riportano che i detenuti furono costretti a denudarsi, ammanettati con le mani dietro la schiena, trascinati nei corridoi e colpiti con calci e pugni.

Alcuni furono sollevati e lanciati da un agente all’altro, subendo umiliazioni e violenze fisiche gravi.

Le conseguenze giudiziarie di questi eventi furono controverse. Nel 2007, venti agenti coinvolti nell’indagine furono assolti dopo la dichiarazione d’inammissibilità dell’appello della Procura di Sassari.

Altri sette agenti furono riconosciuti colpevoli, ma i reati furono dichiarati prescritti a causa della durata del processo. Nel 2014, la Corte Europea dei Diritti Umani condannò l’Italia per aver sottoposto il detenuto Valentino Saba a trattamenti inumani e degradanti, ordinando un risarcimento di 15.000 euro per danni morali.

A venticinque anni di distanza, l’associazione Sa Domo de Totus promuove un’iniziativa di riflessione e memoria, affinché simili violazioni dei diritti umani non vengano dimenticate e la verità continui a emergere.

Il prossimo 3 aprile a 25 anni esatti dai fatti, nella sede di Sa Domo de Totus in via Frigaglia 14 b, alle ore 19, gli attivisti presenteranno la loro ricerca sullo stato di salute delle carceri Sarde, realizzata sulla base del rapporto
Antigone”, Il programma prevede poi una serie di letture di testimonianze dirette di quei fatti, a cura di Angelo Marras.

Fabrizio Cossu, presidente di Sa Domo de Totus, chiarisce il senso dell’iniziativa: “Quello che accadde a San Sebastiano non può essere relegato all’oblio. Il carcere non può essere un luogo di vendetta e soprusi, ma deve garantire il rispetto della dignità umana. Con questa giornata vogliamo restituire voce alle vittime e richiamare l’attenzione sulle condizioni inaccettabili che ancora oggi affliggono il sistema penitenziario”.

Angelo Marras, curatore della ricerca storica e delle letture, aggiunge come “Attraverso documenti, testimonianze e parole di chi ha vissuto la repressione sulla propria pelle, vogliamo far emergere la verità e stimolare una riflessione collettiva sulla giustizia e i diritti dei detenuti”.

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