“La Sardegna offre allo Stato 6 mila ettari per le Case di Reclusione all’aperto, le tre Colonie Penali, unica realtà a livello nazionale, senza che questo abbia mai generato alcun riguardo da parte del Ministero della Giustizia e del DAP, tant’è che il personale è insufficiente a tutti i livelli e nessuna crescita economica si registra nelle aree adiacenti. Le servitù militari sono un gravame che produce l’interdizione all’uso civile e allo sviluppo di una vasta area di pregio costringendo i lavoratori delle coste a chiedere indennizzi per mancato reddito dalle attività di pesca. L’ampliamento del CPR di Macomer, da 50 a 100 posti, è un’ulteriore prova della visione coloniale dell’isola svilita nella sua identità di oasi di pace e luogo di bellezza”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV” facendo osservare che “con l’ampliamento del CPR a Macomer si sta di fatto dando vita a una nuova struttura detentiva, peraltro con garanzie poco chiare, in aggiunta alle 10 esistenti”.
“L’accordo siglato nel 2018 – sottolinea l’esponente di SDR facendosi interprete del disagio di una parte dei residenti – non può tradire un presupposto fondamentale: quello dei diritti. I CPR, così come sono concepiti, appaiono come strutture privative della libertà, regolate in modo privatistico con il supporto dei servizi delle Forze dell’Ordine e dell’Esercito. Ciò che preoccupa sono alcune circostanze verificatesi di recente riguardo a persone che, a conclusione della pena detentiva, in assenza di un personale permesso di soggiorno, benché sposate con cittadine isolane e con figli minori nati nell’isola, sono stati prelevati all’uscita dal cancello del carcere e portati nel CPR di Macomer”.
“Le rassicurazioni del Prefetto di Nuoro in merito all’ampliamento della struttura – conclude Caligaris – benché apprezzabile per la sensibilità, non possono non lasciare ampi spazi di perplessità. La scelta di trasformare l’ex Istituto Penitenziario in CPR che tante polemiche aveva suscitato a suo tempo, non recherà alcun beneficio a Macomer che, al contrario, passerà alla storia come un luogo in cui l’emigrazione si identifica con la costrizione. Luogo in cui le persone vivono da detenuti pericolosi senza avere subito un processo, una condanna e senza le garanzie e i diritti dell’ordinamento penitenziario”.