Da Paladino a Isgrò, omaggio ai 100 anni di Rocco Scotellaro

“Io sono un filo d’erba, un filo d’erba che trema. E la mia patria è dove l’erba trema”.

Riprende i versi più celebri di Rocco Scotellaro (Tricarico, 19 aprile 1923 – Portici, 15 dicembre 1953), il titolo della mostra de La Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea che nell’ambito delle celebrazioni per i 100 anni della nascita del poeta, scrittore, artista e politico lucano, ne rilegge l’opera attraverso i lavori di 45 artisti di oggi. Un viaggio in cui, in realtà, nessun tiolo è casuale, ma racconta il suo universo poetico, etico e politico insieme, da L’uva puttanella di Emilio Isgrò a la Piramide di stelle di Giulia Napoleone e poi Altre ali fuggiranno di Mimmo Paladino, Mare Lontano di Giuseppe Modica, La furia dei pezzenti di Andrea Fogli e Mario Cresci con il volto ricoperto di fango in … la faccia di terra abbiamo … “L’idea – racconta all’ANSA il curatore Giuseppe Appella – è nata dal fatto che Scotellaro, in realtà, cominciò prima con l’arte che con la poesia. Era nato a Tricarico ma aveva frequentato il liceo a Potenza, al tempo una piccola città del Sud, ma centro molto attivo pieno di artisti che erano andati alla Biennale, alla Quadriennale o erano stati allievi di Carena.

Portavano testimonianze di Milano, delle esperienze dell’espressionismo, della Scuola romana”. Figlio di un calzolaio e di una sarta, Scotellaro poi militò nel Psi, ebbe Carlo Levi come mentore, fu tra i maggiori promotori della Riforma agraria del Sud, ma in tutte le sue opere continuò sempre a raccontare la società contadina a cui orgogliosamente rivendicava di appartenere, identificandosi spesso con il mondo dei derelitti, di coloro che vivono ai margini. Segnato nel profondo da un ingiusto arresto per concussione, accusa dalla quale fu assolto per non aver commesso il fatto, morì a soli 30 anni. “Quando nel ’46 conobbe Levi – prosegue Appella – entrò in un altro sistema, quello del Realismo che gli andava però stretto. Intanto collaborava a Botteghe oscure e alle riviste dell’epoca.

Questo volevo restituirgli, che, anche grazie agli anni passati con Amelia Rosselli (figlia di Carlo Rosselli) che lo aveva fatto entrare nella nuova avanguardia romana, lui rimase sempre legato all’arte. Abbiamo mandato i suoi scritti a 45 artisti, che appartengono a sette generazioni diverse dagli anni ’30 ai ’90, e loro hanno scelto quelli che più li colpivano, ispirandosi alla poetica, alla biografia, all’universo contadino”. Ecco allora che E la mia patria è dove l’erba trema – promossa da Regione e Apt Basilicata, con il patrocinio del Comune di Tricarico e della Fondazione Matera Basilicata 2019 – è una galleria di stili e linguaggi diversi, dalla scultura alla fotografia, tra il ritratto Rocco di Francesco Arena e Anche una pietra di Veronica Bisesti, le Piramidi di stelle di Giulia Napoleone o il Volo nuziale di Giuseppe Salvatori. Una mostra, affida a una nota il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi, che in seno alle celebrazioni per il centenario “offre un’ulteriore lettura della personalità di Scotellaro, perché si misura non con la scienza, ma con lo spirito, non con la testa ma con il cuore.

Guardando queste opere ci è ancora più facile comprendere la straordinaria attualità di Scotellaro, la sua storia, il suo approccio alla vita”. “Scotellaro – conclude il curatore Appella – è un artista che ha lasciato il segno. Ci ha insegnato, come dicono i suoi versi, che la nostra patria è dove l’erba trema. Dove tutto è tranquillo non succede mai niente. Rileggendolo cento anni dopo appare un poeta moderno, che conosce i problemi che stiamo incontrando oggi. È vivo, perché è attuale. Il suo unico torto, morire troppo presto”.

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