Dal riconoscimento Unesco per i nuraghi può arrivare 1 miliardo di euro l’anno per il Pil della Sardegna.
Una cifra destinata a salire nel momento in cui si riuscirà a valorizzare in maniera compiuta il patrimonio archeologico sardo, oggi sconosciuto alla metà dei turisti che scelgono l’Isola: il 47% di loro non ha mai sentito parlare di nuraghi e solo il 10%, in maggioranza stranieri, visita i siti nuragici.
La civiltà nuragica, insomma, ha un grande potenziale inespresso e può rappresentare un fattore decisivo per costruire una sorta di marchio Sardegna, cambiando radicalmente il modello di sviluppo economico dell’Isola.
Il possibile incremento del flusso di visitatori, stimato un 1,5-2 milioni di turisti l’anno, andrebbe poi a beneficiare maggiormente le zone interne che oggi pagano il prezzo più alto della crisi.
Sono questi i risultati dell’analisi realizzata da OC&C ed Eumetra presentata oggi a Cagliari a Sa Manifattura. Il report mette in correlazione nuraghi e Pil, calcolando che questo percorso di valorizzazione può portare circa 2.500 euro l’anno in tasca ad ogni famiglia sarda. C’è poi il fattore Unesco. Oggi la Sardegna, con i suoi 377 comuni, è unita nella richiesta di inserire i nuraghi nella lista dei beni patrimonio dell’umanità.
L’ingresso nell’Unesco può rafforzare in maniera notevole la propensione alla visita dei siti archeologici, ma da solo non basta. Il gap rispetto ai grandi siti è troppo ampio. Se a Pompei arrivano 3,6 milioni di visitatori l’anno, ai Trulli di Alberobello 2 milioni, ai Sassi di Matera 1,9 milioni, i Nuraghi si fermano a 400mila visitatori. Cogliere il potenziale inespresso è possibile. Ma serve un piano di investimenti all’altezza e un programma di lungo periodo con una regia chiara.
“Lo studio OC&C-Eumetra – spiega il presidente dell’Associazione La Sardegna verso l’Unesco, Pierpaolo Vargiu – aiuta a capire come l’investimento di immagine sulla identità e sul paesaggio nuragico possa portare a un nuovo posizionamento di brand dell’Isola. Le ricadute andrebbero ben oltre il settore turistico, diventando un moltiplicatore per il Pil e generando benessere diffuso”. “La sfida – chiarisce – è cambiare il percepito collettivo della Sardegna nel mondo, aprire uno scrigno tenuto nascosto per troppo tempo e far conoscere un patrimonio che, senza aggiungere un mattone, può portare un nuovo vento economico di sviluppo sostenibile nella nostra terra”.