Dargen D’Amico, ‘siamo tutti nomadi in cerca di una casa’

A scanso dell’aria goliardica, del look stravagante, delle battute non sense, dei ritmi danzerecci, e degli occhiali scuri che non abbandona mai, Dargen D’Amico è la quota “impegno sociale” al festival di Sanremo.

Un filo neanche troppo invisibile lega la sua partecipazione del 2022 con Dove si balla a quella di quest’anno con Onda Alta.

Lì cantava “incubi mediterranei, che brutta fine fermi al confine”, stavolta “siamo più dei salvagenti sulla barca. Sta arrivando sta arrivando l’onda alta, Non ci resta che pregare finché passa”. I migranti, ieri come oggi.

“Il nomadismo è un tema che mi appartiene – racconta l’artista 43enne alla vigilia della manifestazione canora -. Quello familiare, per me che ho genitori originari della Sicilia, e quello che coinvolge gli altri. Perché tutti facciamo fatica a capire quale sia casa nostra. Nel 2023 gli arrivi dei migranti hanno superato 150mila unità. L’emigrazione è parte imprescindibile dell’esistenza. Nessuno geneticamente è nato qui”. Un tema che si sviluppa nell’intera settimana di Sanremo, con l’Edicola Dargen che ogni giorno alle 10 distribuirà un fumetto a puntate realizzato da Daniel Cuello e alle 18.30 ospiterà incontri con esperti del settore come Cecilia Strada (ResQ Onlus) o Alessandro Porro (soccorritore SOS Mediterranee), ma che ha un suo sviluppo anche all’interno dell’album Ciao America (Island Records), che esce il 2 febbraio sulle piattaforme a due anni di distanza a Nei sogni nessuno è monogamo e si compone di 13 tracce con le collaborazioni di Guè, Rkomi, Beatrice Quinta e Vincenzo Fasano, attingendo alla tradizione cantautorale italiana con una continua ricerca che passa attraverso i generi, dall’elettronica, al pop, alla musica classica. Un disco stratificato, che mette in luce le inquietudini che appartengono alla società contemporanea.

“Ciao America è un titolo cumulativo – spiega Dargen D’Amico -, quando stavo lavorando ai brani ho notato che c’era una tendenza nello scrivere a riferimenti ai legami familiari. Ai miei, quando da ragazzino, con una certa leggerezza giovanile, chiamavo momento Ciao America, l’occasione in cui si leggevano le lettere dei parenti emigrati. Ma è anche una sintesi di quello che faccio io: musica italiana che si approfitta di alcuni stilemi musicali degli Usa, senza che lo stilema prevalga. E, infine, mi sembrava riassuntivo di questo momento che il mondo sta vivendo, con il passaggio dello scettro (economico) dall’Occidente all’Oriente, e quindi Ciao America.

Una fotografia di un tramonto che fissa anche il nostro Paese, ormai in balia dell’immobilismo da almeno 30-40 anni”.

Dargen si divide tra scrittura e produzione, “ma mi diverto a produrre e non a scrivere. Eppure la produzione non mi chiarisce nulla, mentre la scrittura mi mette di fronte a risposte che non sempre cercavi, ti dà la possibilità di meditare. Scrivere è una sorta di igiene personale per buttare fuori cose. Anche da adolescente ti permette di risolvere senza sapere cosa”.

Il tema del nomadismo, della migrazione, è alla base anche della scelta per la serata delle cover a Sanremo: insieme alla BabelNova Orchestra omaggerà la musica di Ennio Morricone (The Crisis), con i testi dei suoi brani Modigliani (storia di un italiano che emigra all’estero, e anche primo pezzo – scartato – che ha presentato a Sanremo, “sono sempre stato curioso di capire come funzionava la macchina”) e Dove si balla. “È il tentativo di dare un altro punto di vista per raccontare con più profondità lo stesso tema”. Perché Dargen non crede nei limiti, tantomeno in quelli fissati dal mercato musicale. “Se posso andare io a Sanremo, vuol dire che non esistono limiti. Anche se in fondo io sono quasi finito per caso a fare questo mestiere.

Ero convinto che avrei scritto per il cinema italiano, ma il cinema non era così convinto”.

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