“Rimuovere “Lockdown social” è stata una grave rimozione di coscienza storica: accadeva in Italia nel primo post lockdown, si era fissato un momento drammatico. La rimozione evidenzia il dramma di una società priva di futuro e visione.”
Michele Franzese, collezionista d’arte contemporanea.
Non è un mistero, che dopo lo sciacallaggio politico, da parte del centro destro Sardista d’Azione, che si scagliò contro il progetto del sottoscritto, di ciclica Scultura residente al servizio del pubblico e della comunità, “Accademia Nuragica”, decisi di lasciare prima Capoterra e nel giro di un anno d’andare via dall’isola. Chi sa se il Sindaco di Capoterra Beniamino Garau, e la sua maggioranza, abbiano compreso compreso, quanto il loro sciacallaggio politico e mass mediatico, abbia fatto pressione, per dirottare la mia vita (pubblica e privata), verso altri lidi. Quello che è successo a Forio d’Ischia, m’indigna ancor più, al punto da farmi urlare al Sindaco di Foro d’Ischia Stani Verde, e al suo delegato alla cultura Davide Laezza: Vergogna!
Il gallerista Salvatore Iacono, che in quel territorio opera stoicamente, e rappresenta in quella zona il mio lavoro, mi ha informato della rimozione e distruzione di un mio intervento di public art, non solo rimosso, ma anche distrutto! L’opera era installata permanentemente, sotto al tunnel della chiesetta del Soccorso a Forio, la rimozione e distruzione, trattandosi di un’opera unica a progetto, è di fatto una violenza, un sopruso e un abuso, non solo verso la comunità, ma anche verso la mia proprietà intellettuale e il diritto d’autore, condannato di fatto al rogo.
Si trattava (incredibile parlarne al passato), di un’opera pubblica, un lavoro e installazione concertato e curato dal gallerista Salvatore Iacono, indiscutibile la sua storia, e focalizzava un momento della storia collettiva e comune tragico, da non dimenticare mai come quello del lockdown e delle vaccinazioni imposte. L’opera aveva anche un forte valore simbolico, in quanto primo intervento d’arte pubblica in Europa post lockdown. L’installazione era un monito critico, sicuramente scomodo, perché non si ripetesse più tale deprivazione dei diritti, e in tal senso denunciava anche certa street e public art, schieratasi acriticamente a sostegno delle vaccinazioni di massa, senza nessun distinguo di sorta.
Nonostante il taglio fortemente critico, l’installazione suscito un forte consenso dell’operazione, e un intervento unanime di sostegno da parte degli addetti ai lavori e della critica, si scomodò anche Banksy, che fece avere un testo al gallerista per supportarne il coraggio nel sostenere il mio progetto in quel momento storico. Questo per non parlare della sua specificità, dei supporti e della tipologia di pittura (che è stata una specificità di quel momento, dove era complicato reperire materiale). Ma come è stato possibile tale scempio? Esigo spiegazioni da parte del Sindaco Stani Verde. Ricordo che qualche pezzo dell’installazione venne staccato dal muro, prelevato e rubato, ma una cosa è un furto determinato dalla brama di possesso, altra è l’istituzione che deliberatamente impoverisce il suo territorio.
La cosa che mi devasta è la distruzione di un lavoro, di un processo e di un progetto, fuori mercato e non ripetibile, chi pagherà questa distruzione della memoria individuale e collettiva? Perché l’opera non è stata riconsegnata al gallerista, che per mandato doveva tutelarla dinanzi la storia e l’ignoranza? Perché preferirne la rimozione con relativa distruzione? Può un Comune di Forio, un Sindaco e un Assessore alla cultura, rendersi responsabile di tutto questo, per un poco di visibilità politica, temporanea e provincialmente localizzata, ponendo al lavoro quattro writer che chiedevano uno spazio operativo? Questa storia non finisce qui, anzi comincia ora, altro che il piromane della Venere degli stracci: vergognatevi!
di Mimmo Di Caterino