Depeche Mode, il Memento Mori accende l’Olimpico

Come un’erinni che danza intonando canti di morte, così Dave Gahan stasera all’Olimpico di Roma, per la prima delle tre date tutte sold out che hanno riportato i Depeche Mode in Italia, ha ballato in un difficile equilibrio tra la vita che continua e la morte che è sempre stata ossessione della band.

E che l’anno scorso si è materializzata con la prematura scomparsa del tastierista Andy Fletcher.

Memento Mori è il nome dato al tour, lo stesso dell’ultimo album, arrivato a sei anni dal precedente lavoro in studio Spirit. Memento mori, ricordati che devi morire. Impossibile dimenticarlo: con quella grande M sul palco che prende vita, si illumina, rimane sempre a vista; con l’atmosfera cupa che – nonostante tutto, nonostante le luci, gli ancheggiamenti ammiccanti sui quali Gahan come sempre non lesina, i 55mila impazziti che hanno riempito lo stadio Olimpico, tra irriducibili della prima ora che si mescolano alle nuove leve – attraversa le due ore e passa di live -; con i visual di croci simil-Golgota su Speak to me, con il video della partita a scacchi ingaggiata con la morte in stile Ingmar Bergman, tra Gahan e Martin Gore, su Ghosts again, i teschi su Enjoy the silence. Su World in my eyes l’omaggio – atteso, dovuto, ma non per questo meno commovente – al compagno morto a maggio del 2022. “Un applauso per mister Andy Fletcher”, ha invocato alla fine il cantante, accontentato dal pubblico. Un synth-pop, che solo loro sono riusciti a portare a livelli così alti riuscendo dopo decenni a essere ancora credibili, che più scuro di così non si può.

Ma Memento Mori è anche e soprattutto una riflessione in musica su come cogliere l’attimo per trarre il massimo dalla vita, a godere di ogni momento. Un invito che gli stessi Gahan e Gore sembrano aver fatto proprio, riscoprendo il loro rapporto, professionale e umano (un abbraccio su Waiting for the night sembra lasciare indietro anni di distanze e allontanamenti).

Sul finale la vita sembra riprendere la meglio sulla morte con la vivace Just Can’t Get Enough e la teatralità esuberante di Gahan, sempre elegantemente sfrontato nei suoi gilet che gli lasciano le braccia nude. Perché nel bel mezzo della morte, è la vita a esplodere. E lo fa con il techno-blues di Personal Jesus.

I Depeche Mode, che ormai da 35 anni riempiono le arene, sono attesi a Milano venerdì 14 luglio e poi a Bologna il 16, ma hanno appena annunciato nuove date anche la prossima primavera (il 23 marzo a Torino e il 28 e 30 al Forum di Assago).

 

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