Detenuto con grave disagio psichico non trova “casa”

Natale senza pace per un giovane detenuto nel carcere di Cagliari-Uta.

Ventitrè anni, grave disagio psichico che forse è anche alla base della sua vita tribolata.

Cerca un posto per scontare la pena e trovare una cura. Non che a Uta non stiano attenti alle sue condizioni. Ma serve qualcosa di più: una struttura nata per seguire casi come il suo. Non è un’opinione. Irene Testa, Garante delle persone private della libertà personale della Sardegna, sa bene che non deve più stare lì: è andata a fargli visita in diverse occasioni. Ma non è solo lei a dirlo: ci sono diverse ordinanze della magistratura, spiega in una accorata lettera inviata tra gli altri alla Asl di Sassari – Dipartimento di salute mentale e al Dap – Provveditorato Sardegna, “che indicano tassativamente la necessità di ricovero nella Rems. Sì, la Rems e quello che ci vuole per lui. La Residenza esecutiva misure di sicurezza è anche vicina, a Capoterra – ricorda la Garante – È accreditata per accogliere sino a un massimo di sedici persone. Gli ospiti hanno la possibilità di partecipare a percorsi terapeutici, riabilitativi e abilitativi su misura per lui”. Qual è il problema? Non c’è posto.

E il ragazzo è stato inserito in lista d’attesa. Quanto tempo ci vorrà? “Non si sa – spiega Irene Testa – per questo occorre almeno una soluzione provvisoria”. La Asl di Cagliari non può intervenire perchè il giovane non è residente nel sud Sardegna. La competenza territoriale sarebbe del Dipartimento di salute mentale della Asl di Sassari. “Ma finora – denuncia la Garante – non ci sono stati riscontri. Ora speriamo che questo riscontro ci sia al più presto. Perché il ragazzo non può rimanere ‘parcheggiato’. “Il detenuto – racconta ancora Irene Testa – si trova in condizioni critiche, che richiedono umanamente un interessamento tempestivo e volto ad attuare il principio costituzionale di tutela della dignità umana”.

L’sos è molto chiaro e diretto: “È necessario intraprendere adeguate iniziative per garantire il giusto livello di assistenza sanitaria, garantendo il diritto inviolabile della persona ad essere curato, pertanto, così come già ha fatto più volte il direttore del carcere di Uta, Marco Porcu, sollecito gli organi sanitari in indirizzo di individuare quanto prima una struttura psichiatrica residenziale ad alta intensità terapeutica”. E ora si aspetta una risposta: un Natale sereno per un ragazzo che in carcere non può più stare.

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