Quattro anni dopo Fai Rumore, che centrò la vittoria al festival per diventare poco dopo l’inno dai balconi degli italiani in lockdown, Diodato torna in gara a Sanremo per la quarta volta con Ti Muovi.
“Un po’ di responsabilità per un brano che è diventato importante per tante persone la sento – racconta il cantautore tarantino -.
Mi auguro che anche Ti Muovi venga accolta nello stesso modo, ma tra i due pezzi non c’è nessun confronto. Fai Rumore c’è, è una canzone mia, non mi ci devo confrontare”. Il brano che porta in gara quest’anno, spiega, “è parte di un percorso, lo vivo come un punto necessario del mio processo di crescita”.
Un processo iniziato dieci anni fa, quando salì per la prima volta sul palco dell’Ariston, tra le Nuove Proposte. “Da allora penso di essere cresciuto tanto, soprattutto umanamente. Credo che la musica sia un procedimento di conoscenza, di approfondimento personale. Ora spero di affrontare il festival con meno ansia e più tranquillità e senza quella faccia strana che a riguardarla oggi mi fa sorridere”.
Ti Muovi, scritta e composta dallo stesso Diodato, che ne firma anche la produzione artistica con Tommaso Colliva, è una ballad – una delle poche di questa edizione – che esplora le emozioni dell’animo umano, andando a indagare il percorso alla ricerca di sé. “La partecipazione al festival è partita proprio dalla realizzazione di questa canzone che merita di essere su quel palco – spiega ancora Diodato, che vorrebbe presentare ed essere presentato dagli amici, negramaro o Mahmood su tutti -.
Come sempre parto dalle cose che mi succedono e che cerco di raccontare in musica: dentro di me stavano riemergendo emozioni che meritavano di essere affrontate. Ti Muovi appartiene a quello che sono in questo momento della mia vita e racconta più di altri brani una mia visione della musica, del modo di fare musica, e anche la volontà personale di aprirsi, vibrare e liberarsi di più. Di sentirsi vivi. Insomma, in questo momento mi accetto di più”.
Per la serata delle cover ha scelto di cimentarsi con Fabrizio De André, Amore che vieni, amore che vai, con il supporto di Jack Savoretti. Un brano che già appartiene al repertorio dell’artista. “Ho voluto tornare su questa canzone, un po’ per celebrare il mio viaggio nella musica, iniziato con quella canzone che in una mia interpretazione fu scelta da Daniele Luchetti per la colonna sonora del film Anni Felici (del 2013, ndr). De André mi ha insegnato a scrivere, con le sue parole delicate e incisive allo stesso tempo”. Quella canzone accese un riflettore sul giovane Diodato “e probabilmente fu quello a portarmi al festival di Sanremo di Fazio l’anno dopo”.
Scaramantico o meno, Diodato dice di non pensare alla vittoria, “non sono per niente competitivo”, perché “musica e arte non prevedono competizione. L’unica gara possibile è quella con te stesso, con quello che vuoi raccontare e con il riuscire a farlo. Ogni forma d’arte è una testimonianza, che noi proviamo a lasciare, di un vissuto”.
Da amante del tennis, avere all’Ariston Jannik Sinner, invitato ufficialmente da Amadeus, sarebbe una bella conquista, “ma se non venisse, perché come ha detto deve allenarsi, io lo capirei e lo ammirerei ancora di più. Sinner è un bellissimo esempio per tanti giovani e non solo. È eleganza, determinazione, umiltà, credo che faccia bene non solo al tennis. Anche se non viene a Sanremo, siamo pronti a tifare per lui nei prossimi appuntamenti”.