Sardegna chiama Sardegna, in vista delle elezioni regionali del 2024, fa una chiamata inedita, ma necessaria, a tutte le forze politiche del centrosinistra, al mondo dell’autodeterminazione e a tutto il tessuto di comitati e amministrazioni locali. Proponiamo la costruzione di una grande convergenza politica ed elettorale che provi a dare alla Sardegna un “governo di scopo”, per farla uscire dal guado delle tante crisi che la attraversano, dando risposte adeguate alle urgenze vissute della maggior parte dei sardi e delle sarde con serietà, visione e concretezza.
A sei mesi dalle elezioni regionali, il quadro politico sardo conferma le ragioni che hanno portato alla nascita del nostro movimento. La democrazia della nostra isola è sempre più agonizzante e tenuta in ostaggio da interessi opposti a quelli della stragrande maggioranza delle persone, ossia quelli di aziende predatorie, fondazioni private e massoneria, che decidono le sorti della Sardegna senza mai essere stati eletti da nessuno.
Nasciamo per organizzare un’irruzione democratica di chi vuole superare questa condizione, gettando le basi di una Sardegna coinvolta, democratizzata, autodeterminata e generativa di opportunità. In questi mesi di ascolto e partecipazione, abbiamo coinvolto tante esperienze amministrative, civiche, sociali, imprenditoriali, di lotta per i diritti e contro le speculazioni. Questa grande fetta di Sardegna va sostenuta da una nuova rappresentanza politica in netta discontinuità con le esperienze del passato recente.
Non è più tempo per il “meno peggio”, ma per ciò che serve ed è davvero utile a chi vive questa terra. Soprattutto per un movimento come il nostro, animato in larga misura da giovani che vogliono viverla nei prossimi decenni.
Per il contesto attuale e la necessità storica di un cambiamento, sono insufficienti sia le alleanze elettorali di centrosinistra prive di reale visione trasformativa, che i cartelli elettorali tra forze del mondo indipendentista e/o della sinistra che, a causa di una legge elettorale antidemocratica, rischiano di non contendere realmente il governo, necessario per poter incidere sui processi decisivi per la Sardegna del presente e del futuro. Il rischio è che in Sardegna vinca ancora la vecchia politica, con un ulteriore peggioramento della situazione sociale ed economica, un aumento della sfiducia nell’azione collettiva tra la maggioranza delle persone e il consolidamento del potere nelle mani di poche. Non ce lo possiamo permettere.
Per questo, con generosità e senso di responsabilità, Sardegna chiama Sardegna scommette su una strada non praticata: costruire le condizioni per dare all’isola un governo di scopo che, nei prossimi 5 anni, affronti le urgenze di chi vive la nostra terra, gettando le basi per la creazione di un contesto democratico, sociale ed economico più sano e generativo. Per concretizzare questa opzione, serve un vasto arco di attori che non si limiti alle forze politiche che, all’interno e all’esterno del Consiglio Regionale, si sono opposte al disastroso governo Solinas, ma che coinvolga forze sociali, comitati e amministrazioni locali che vogliono affrontare le urgenze della Sardegna su basi e prospettive nuove.
Per dare maggiori opportunità a questo progetto, consapevoli degli errori e delle responsabilità delle esperienze di governo passate, crediamo che i partiti maggiori del centrosinistra, se vogliono davvero essere alternativi – nei fatti e non a parole – all’attuale Giunta, debbano mostrare a chi vive ogni giorno quest’isola un forte e netto segnale di discontinuità rispetto al passato, riconoscendo istanze, progettualità e metodi di confronto provenienti da una vasta fetta di società sarda che non riescono a rappresentare e che molto spesso non va a votare. Una fetta di società dalla quale nasce e alla quale parla Sardegna chiama Sardegna.
Dunque, non ci interessano gli appelli all’unità delle forze senza una visione realmente trasformativa, le ammucchiate elettorali al solo scopo di “battere le destre” purchessia. Non ci faremo cooptare per qualche poltrona. Crediamo invece che la Sardegna abbia davvero bisogno di leggi, di investimenti strategici, di darsi una prospettiva che possa affrancarla finalmente dalla subalternità politica ed economica.
Per verificare questo auspicabile cambiamento, Sardegna chiama Sardegna prenderà parte al tavolo della nascente coalizione di centrosinistra e presenterà i seguenti obiettivi politici, fondamentali per una possibile alleanza di scopo:
1) L’inserimento della maggior parte delle 5 proposte di Sardegna chiama Sardegna nella cornice generale del programma politico, con tempistiche e attori chiari. Proposte che non nascono tra poche persone, bensì da un imponente processo partecipativo che ha visto 1200 persone firmatarie dell’appello (con una media d’età di 30 anni), 13 incontri territoriali, 26 tavoli tematici, 8 assemblee generali, diversi momenti di studio.
2) La definizione, contestualmente a una vera discussione politica in seno al tavolo, di una candidatura alla presidenza che sia di forte discontinuità con le esperienze di governo precedenti, che si faccia pubblicamente garante delle istanze di rinnovamento sia sul piano politico-programmatico che metodico.
3) La costruzione di tavoli territoriali di ascolto e definizione puntuale del programma, chiamando a raccolta amministrazioni locali, mondo del sociale, del lavoro e dell’impresa.
4) L’apertura di una discussione fra tutte le forze politiche sul limite del doppio mandato per la composizione delle liste, quale garanzia di rinnovamento della rappresentanza politica in Consiglio Regionale.
5) L’apertura di una discussione fra tutte le forze politiche sulla non candidabilità di persone con condanne, anche solo in primo grado, per reati contro la pubblica amministrazione, siano esse di tipo amministrativo, che civile che penale. Siamo garantisti, ma nessuno deve avere alcun dubbio sulla moralità di chi si candida.
La nostra interlocuzione sarà improntata alla trasparenza e alla chiarezza verso chi segue il movimento e chiediamo anche agli altri soggetti politici di adottare strumenti come la diretta sui social network dei momenti ampi di confronto, perché per ricostruire una fiducia nella politica bisogna rendere cristalline le posizioni e gli accordi programmatici.
Entro sabato 30 settembre verificheremo quante condizioni saranno state rispettate e valuteremo di conseguenza. Se non dovessimo riscontrare un vasto consenso e adeguate garanzie su queste, Sardegna chiama Sardegna ne prenderà atto e percorrerà strade politiche alternative insieme a chi vuole gettare le basi per una profonda trasformazione della nostra isola sul piano economico, sociale e culturale, nello spirito dell’appello che ha guidato l’azione del nostro movimento sin dall’origine.
L’Opinione di Sardegna chiama Sardegna