Elezioni Regionali in Sardegna 2024. Che si dice fuori porta?

L'Opinione di Claudia Zuncheddu

Per chi sta fuori dagli schieramenti politici di centro destra e di centro sinistra, si dice che non sia mai tempo per competere. E’ sempre troppo tardi per salire su un treno che non deve mai essere il loro.

Si dice quanto siano frantumati gli autonomisti, federalisti, indipendentisti e quante difficoltà per mettersi d’accordo. Con disprezzo si accusano con il moto “centu concas e centu berritas”, senza comprendere che quel moto alla base della democrazia partecipativa è giusto e che necessita solamente del momento di sintesi. Ma la sintesi è dovuta solamente ai partiti di potere. E’ proprio il potere ad agevolare la sintesi e l’unità delle forze avvezze a governare. Frantumazione e litigiosità è lecita e indiscussa solamente per loro. Sul moto perpetuo tra scissioni e nuove sigle, giusto per  alzare il prezzo al momento della spartizione del potere, c’è silenzio, se non genuflessione generale. Ma all’area identitaria sarda e ai nostri movimenti di lotta nulla è consentito da lor signori.

Per vincere la paura che qualcosa possa muoversi per il cambiamento, fiondano le accuse. Avete visto ad Abbasanta il 16 luglio? Tutti “sporchi, brutti, cattivi”… e “vecchi”, un insulto per le società post industriali .

Erano autonomisti, indipendentisti, intellettuali, anticolonialisti, ambientalisti, pastori, professionisti, antimilitaristi, gente che lotta nei territori per i diritti negati. Era gente che voleva ragionare ribadendo il proprio diritto a confrontarsi.

Poco importa che fosse una domenica di luglio con oltre 40 gradi all’ombra. Le circa 150 persone presenti intorno alle 11.30, per chi guarda dal buco della serratura sono diventate 60.

Non c’erano donne… si dice. Ma così non è. Erano assai presenti, ma per chi osserva dal buco della serratura, le donne divengono trasparenti. Poco importa se i loro interventi non siano stati ascoltati dal buco della serratura. Eppure tra i più citati, nel corso della giornata, erano proprio gli interventi delle donne.

Ma non finisce qui. Si scatena l’apartheid anagrafica. Avete visto l’età media? Non ci sono giovani! Ma l’apartheid è valida solamente per chi vuole ragionare e confrontarsi fuori dai confini protetti di un sistema sempre più repressivo e autoritario.

Per lor signori, non esiste nessuna apartheid anagrafica per le assemblee utili al sistema o anche per semplici e innocui incontri culturali. Eppure l’età media sempre più alta è un male dei tempi e non risparmia nessuno. La natalità è ai minimi storici. I giovani, ai quali la Sardegna può giusto garantire un certificato di nascita, sono in fuga.

Chi deve pensare a chi, in una società dove gli ultra quarantenni sono la maggioranza? Di chi il diritto di decidere anche per loro? Poco importa che queste siano ancora risorse su cui contare per esperienza, competenza, cultura, per una visione del mondo che non ha età.

Ma i giovani sono sempre politicamente “nuovi”? No! A certificarlo sono le esperienze “esaltati” di presidenti del Consiglio dei ministri, di Regione, sindaci e chi più ne ha ne metta…

L’apartheid anagrafica, l’indifferenza per i contributi di genere, la criminalizzazione dell’opposizione al sistema, sono mezzi di controllo perché nulla cambi.

In Sardegna non è più tempo di complotti contro le diversità politiche. Troppo scomodi, costosi e poco credibili. E’ più facile minare i movimenti dall’interno. Uno spaccato di storia dei movimenti identitari sardi, degli ultimi 10-15 anni, meriterebbe una narrazione nei dettagli per meglio comprendere attraverso quali dinamiche il sistema politico italiano ha agito per far sì che in Sardegna le minoranze politiche si dissolvessero per auto-fagocitosi.

Si apre un’era nuova.

 

Di Claudia Zuncheddu

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